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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2011 alle ore 20:13.

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Wall Street all'Italia: per evitare il crack occorre un accordo bipartisan sulla crescita (Afp)Wall Street all'Italia: per evitare il crack occorre un accordo bipartisan sulla crescita (Afp)

Un accordo bipartisan per trovare un nuovo modello competitivo, togliere le rigidità strutturali, eliminare i colli di bottiglia sul mercato del lavoro e incoraggiare la crescita. La crisi di questi giorni offre questa opportunità da affiancare alla manovra. È chiaro tuttavia che per farlo, ci vorrà un accordo fra governo e opposizione, come quello che si ricerca in America per ridurre il disavanzo pubblico. Due dei più influenti finanzieri a Wall Street con cui il vostro giornale ha parlato in background nel fine settimana danno questo messaggio. E aggiungono che il futuro del nostro paese è sobrio ma rassicurante: se agiremo di conseguenza potremo uscire dalla crisi. «Il problema non è l'Italia, il problema è l'Europa – dice uno di loro che da sempre ha avuto molta influenza sui mercati internazionali – il problema è anche la Germania: occorre rinegoziare alcuni termini dell'area euro per dare maggiore equilibrio al processo di crescita». Il secondo: «L'Italia non è la Grecia. Intanto ha condizioni macro migliori e un risparmio privato interno rassicurante. Ma immaginare una crisi dell'Italia è impensabile. A chi grida ai complotti dico: ma pensate che sia nel nostro interesse, in quello di Wall Street assistere a un crollo dei mercati mondiali incluso il nostro per colpa una crisi europea? Occorre fare qualcosa subito – continua il finanziere - Primo, puntare alla crescita fare degli accordi di qualunque genere; secondo, se in attesa di un pacchetto credibile ci sarà speculazione, l'unica possibilità è nella Banca Centrale Europea: dovrà stampare moneta».

Sulla base di queste ed altre conversazioni che abbiamo avuto negli ultimi giorni, il messaggio dall'America per arginare l'impatto dei mercati è duplice, un accordo per favorire la crescita dovra' aggiungersi alla manovra per tagliare il disavanzo pubblico e, come diretta conseguenza, la gravità della situazione impone un dialogo fra governo e opposizione per andare oltre l'attuale manovra e trasformare una situazione di crisi e debolezza in una posizione di forza. Questo per evitare un calvario da rischio default simile a quello della Grecia per il nostro paese: giocare al rilancio, dunque, cogliere i mercati in contropiede, approvare la manovra Tremonti al piu' presto, nei termini annunciati, e aprire un tavolo con l'opposizione per lanciare un progetto di riforme per eliminare alcune delle rigidita' strutturali che fanno da "tappo" all'imprenditoria italiana. Non solo: eliminare tutti i residui di statalismo che hanno confermato in tempi recenti quanto facile sia il rischio di corruzione e privatizzare le grandi aziende italiane in borsa solo per metà.

Cambiare la governance di Eni, Enel, Finmeccanica etc. non servirà tanto a compensare con gli introiti attesi i nostri problemi sul debito, servirà piuttosto a dare un segnale forte di un cambiamento radicale di atteggiamento nel nostro paese: «Quando leggiamo di un personaggio vicino al governo che organizzava promozioni e nomine che viene incriminato o dell'assitente del ministro del Tesoro che viene arrestato per presunta corruzione non si ha una bella immagine del vostro Paese. Meglio togliere le tentazioni...», ci dice questa volta un banchiere e aggiunge: «Le notizie oggi le leggiamo tutti in tutte le lingue, non c'è più il fattore interno...».

Se poi si passa all'analisi Macroeconomica, Allen Sinai uno dei più ascoltati economisti a Wall Street e uno dei pochi che ha accettato di parlare "on the record", offre a sua volta un quadro molto semplice, privo di qualunque retroscena dietrologico: "Il problema è che quando si studiano i numeri si vede che una buona parte del miglioramento è affidata a certe stime di crescita che difficilmente si realizzeranno. Almeno, finora quelle del passato non si sono mai realizzate e questo non solo per l'Italia ma anche per gli Stati Uniti». E suggerisce anche lui che alle misure drastiche per ridurre il disavanzo pubblico e il debito si aggiungano misure per la crescita. Nel caso dell'Italia non c'è bisogno nè di stimoli fiscali nè di quelli monetari, basterebbe eliminare alcune delle rigidita' strutturali che affliggono il mercato del lavoro, che impediscono il decollo di piccole imprese per difficoltà burocratiche legate al lancio d'impresa e per le difficoltà di accesso al credito. «Ci sono due problemi – dice ancora Sinai – sappiamo che il debito per uscire da una crisi ti porta al disastro. C'è sempre un momento in cui i nodi vengono al pettine. E quel momento per l'Italia è venuto. Occorre reagire perchè l'Italia può farcela benissimo: ha le dimensioni, e la struttura economica per farcela, ma deve fare qualcosa di molto concreto».

Togliere le rigidita' strutturali e' chiaramente un problema politico. Rendere molto piu' flessibile il mercato del lavoro è un problema sindacale. Da questa parte dell'Atlantico si segue con stupore come fra mille difficoltà con i negoziati un manager del calibro di Sergio Marchionne ha dovuto pensare seriamente ad andarsene persino da Confidustria per andare avanti. «La sfida è quella per il cambiamento di un modello economico – ci dice un ex autorevole funzionario del Fondo Monetario Internazionale – i tradizionali giochetti fra Confidustria, politici e sindacati per trovare la "pace sociale" andavano bene 30 anni fa. Non funzionano piu' nell'era della globalizzazione...». E ricorda come una ventina d'anni fa i messaggi duri che costringevano i nostri governi a prendere provvedimenti severi venivano sempre dal Fondo Monetario Internazionale: voce grossa sui nostri dati macro, alcune indicazioni, una missione del Fondo, una reazione del governo, un accordo. Oggi la situazione è più difficile. Non è piu' la politica a regolare le dinamiche finanziarie, ma i mercati. E il messaggio è non soltanto più duro di quello che si ascoltava dal Fondo, ma anche più pericoloso: Il rischio default dell'Italia come ci diceva uno dei banchieri è un problema che non si può permettere nessuno. Toccherà al Presidente del Consiglio Berlusconi prendere direttamente le redini in mano in prima persona e guardare oltre la siepe che ci ha circondato finora.

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