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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2011 alle ore 12:10.

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È come se il Governo l'avesse indicato ai risparmiatori con la luce di un riflettore: l'aliquota fiscale applicata ai suoi rendimenti calerà dal 27 al 20%, i rendimenti sono elevati anche se quelli migliori si ottengono solo con l'innalzamento della durata del vincolo, non comporta l'apertura del "famigerato" conto titoli sul quale si scatenerà l'imposta di bollo. Il conto di deposito sta per sbaragliare gli altri strumenti di investimento della liquidità, pronti contro termine in primis. Ma il suo ballo potrebbe durare un'estate sola: perché con il trasferimento – più che probabile – di consistenti masse di liquidità su questo strumento, le banche avranno tutto l'interesse a ridurre i rendimenti in linea con quelli degli strumenti in cui allocheranno i flussi in entrata.

D'altronde, già prima della mossa della Banca centrale europea, che giovedì ha alzato il tasso di riferimento dell'Eurozona di un quarto di punto all'1,5% dall'1,25% (dunque prima di possibile rialzi da parte delle banche), i migliori di questi strumenti rendevano già il 4% lordo, anche se su vincoli di almeno due anni, con una punta al 4,04% di Ibl Banca. In base a una rilevazione condotta giovedì 7 luglio da «Plus24» sui tutti gli operatori nazionali, che ha portato a raccogliere le caratteristiche di 100 conti di deposito, la media del rendimento netto con la vecchia aliquota del 27% era dell'1,81%. Se e quando l'aliquota passerà al 20% ipotizzato nella bozza iniziale della manovra, il rendimento medio salirebbe all'1,98%, con un un balzo di 18 punti base circa, pari a un rialzo dai tassi medi iniziali del 10% circa.

Certo, nelle more degli emendamenti e dell'iter legislativo si tratta di ipotesi che andranno verificate al momento dell'approvazione definitiva del testo. Ma se si considera che oggi, con un vincolo di due anni, è possibile spuntare il 2,95% netto che protegge il capitale investito dall'inflazione (a giugno al 2,7% secondo l'Istat), ci si accorge che questi strumenti sono comunque interessanti sin d'ora.
Senza dimenticare poi che, come rilevato da «Plus24» nell'edizione del 6 novembre scorso, l'offerta di conti di deposito non si limita solo ai confini della Penisola. Alcuni grandi istituti nazionali che controllano o partecipano in banche estere sono infatti in grado di consentire ai risparmiatori italiani di utilizzare i conti di deposito in euro (dunque senza rischio di cambio) offerti dalle controllate estere, dove i rendimenti superano agevolmente il 3% netto (con la garanzia europea di 100mila euro sulle somme depositate).

Quanto all'aspetto fiscale, chi dovesse scegliere i conti di deposito all'estero deve considerare che, l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 45/E del 13 settembre 2010, ha chiarito che spettano alla banca italiana che effettua i versamenti su estero le segnalazioni antiriciclaggio e valutaria. Il risparmiatore, in sede di dichiarazione dei redditi, dovrà segnalare nel quadro RW del modello Unico la somma trasferita e la consistenza del conto al termine dell'anno (se superiore a 10mila euro in un anno), come pure i rimpatri dall'estero di qualsiasi somma superiore a 10mila euro. Il trattamento fiscale degli interessi ottenuti all'estero seguirà le aliquote italiane: nel quadro Rm sui conti di deposito oggi si paga il 27%. Domani, il 20, chissà.

nicola.borzi@ilsole24ore.com

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