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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 08:15.
MILANO
Il consiglio di amministrazione cambia, ma la preoccupazione (anche forte) resta per il futuro dell'ospedale San Raffaele di Milano, sotto il peso di quasi un miliardo di euro di debiti.
Il nuovo Cda della Fondazione Monte Tabor, che gestisce economicamente la struttura di via Olgettina alle porte del capoluogo lombardo, dovrebbe rappresentare un momento di svolta per le sorti dell'ospedale. Così potrebbe leggersi la mossa del 92enne fondatore Don Luigi Verzè che sembra aver fatto un passo indietro, lasciando tutto (la gestione, le deleghe operative ma anche la patata bollente del salvataggio) nelle mani del rinnovato consiglio di amministrazione e del vicepresidente, Giuseppe Profiti, presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma.
Don Verzè resterà alla presidenza, mentre come consiglieri vengono confermati i nomi circolati in questi giorni: cioè il preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università Vita-Salute San Raffaele Massimo Clementi, l'ex-ministro e giurista Giovanni Maria Flick, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, l'imprenditore Vittorio Malacalza e il docente dell'università Bocconi Maurizio Pini. Non è passata, invece, la linea di Don Verzè, che puntava all'ingresso di almeno due dei suoi fedelissimi nel consiglio di amministrazione. Come direttore generale, secondo le indiscrezioni, dovrebbe invece fare il suo ritorno Renato Botti, che aveva lasciato il San Raffaele per contrasti con Mario Cal, braccio destro di Don Verzè in procinto di abbandonare l'ospedale.
Il nuovo Cda dovrebbe essere il primo passo per la fase due del salvataggio, cioè l'ingresso in campo della Santa Sede, grazie all'iniezione di duecento milioni di euro da parte dello Ior, cioè la banca vaticana.
È, dunque, una vera svolta per l'ospedale milanese in forte difficoltà? A dir la verità le sorti del San Raffaele non sembrano ancora in sicurezza. E i punti interrogativi sono presto detti.
Il primo riguarda il tema del concordato in continuità, procedura concorsuale che era stata ormai decisa e approvata in accordo con le banche (tra i maggiori finanziatori Intesa Sanpaolo e UniCredit), gli advisor finanziari (il banchiere Arnaldo Borghesi), quelli legali (Marco Arato dello studio Bonelli Erede Pappalardo) e i consulenti tecnici (lo studio La Croce di Milano). Il concordato in continuità sembrava l'unico modo, con il via libera del Tribunale di Milano, di congelare il pressing dei fornitori, che possono vantare già uno scaduto di una sessantina di milioni di euro. Proprio il commercialista Giovanni La Croce ha predisposto una relazione sulla fattibilità del concordato che verrà presentata lunedì alla Fondazione Monte Tabor.
Cosa faranno ora i nuovi consiglieri? La domanda sorge spontanea leggendo il comunicato diffuso dal Cda: «Il nuovo consiglio ha infatti necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione e la valutazione di un piano di risanamento nell'interesse del grande progetto San Raffaele voluto dal fondatore Don Verzé».
Poche parole difficili da interpretare ma che sembrano prendere tempo sul concordato, strada che non era mai piaciuta a Don Verzè e che settimana prossima avrebbe dovuto essere depositato in Tribunale a Milano.
Altro punto interrogativo riguarda le prossime mosse della Procura di Milano, che ha già acceso un faro sui conti dell'ospedale anche su pressione delle ingiunzioni di pagamento dei fornitori creditori per oltre 500 milioni. Prendere tempo in questo momento, accantonando la procedura di concordato, potrebbe risultare estremamente rischioso e preludio a un'istanza di fallimento.
C'è, infine, il punto interrogativo più grande. Dei soldi dello Ior (200 milioni) e della charity internazionale (un miliardo di dollari in cinque anni) finora si è solo parlato ma non si è vista un'offerta scritta. Arriverà? Ieri Roberto Formigoni, il presidente della Regione Lombardia (il maggior finanziatore pubblico dell'ospedale con 430 milioni concessi per le degenze convenzionate) ha espresso un sentito ringraziamento a Don Verzè per quanto fatto e ha mandato un saluto di benvenuto ai nuovi amministratori. Ma forse in questa fase, come commentava ieri un addetto ai lavori, non resta che mettersi nelle mani della Provvidenza.
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