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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2011 alle ore 08:04.

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Dovendo scegliere una data per la deflagrazione della crisi del debito sovrano europeo, il mercato ha individuato il 6 maggio 2010, il giorno in cui l'Europa ha affrontato il piano di salvataggio della Grecia, il primo Stato in Eurolandia messo in ginocchio da problemi di liquidità e solvibilità. Da quel giorno a oggi, il Tesoro italiano ha collocato più di 500 miliardi di titoli di Stato, a breve, media e lunga scadenza, a tasso variabile e senza cedola.

Solo negli ultimi sette mesi del 2010, tra la crisi greca e quella irlandese, l'Italia ha raccolto 127 miliardi in BoT, 20 in CTz, circa 120 in BTp e oltre 20 in CcT. La crisi dell'eurozona periferica, Portogallo compreso, non ha impedito al Mef di emettere finora quest'anno complessivamente circa 250 miliardi di titoli di stato.

Ed ora, con la crisi dell'euro che infine ha contagiato il debito pubblico italiano, il Tesoro si trova a metà dell'opera o poco più del suo programma di raccolta maggiormente impegnativo, quello a medio-lungo termine: finora quest'anno sono andati in asta BTp e CcT per 142 miliardi, ne mancano all'appello 83 per arrivare a quota 225. Solo il prossimo agosto e settembre dovranno essere rimborsati 66 miliardi (20 + 46) di BTp in scadenza.

I riflettori del mercato sono puntati adesso sui prossimi appuntamenti delle aste italiane, a seguito dell'incoraggiante esito dei BoT annuali e dei BTP a 5 e 15 anni assegnati la scorsa settimana per un totale di 11,75 miliardi. Il 26 luglio è programmata l'offerta dei BoT a sei mesi e dei CTz, con un importo complessivo che potrebbe superare i 10 miliardi. Il 27 luglio sarà il turno dei BTp indicizzati all'inflazione, per 1 miliardo circa, mentre l'appuntamento più atteso resta quello del 28 luglio con il nuovo BTp triennale e il BTp decennale per un ammontare atteso tra 6,5 e 7,5 miliardi, stando alle previsioni di Unicredit.

Il mercato è però abituato alle dimensioni extra-large delle aste italiane, essendo l'Italia il primo emittente di titoli di stato nell'eurozona con il quarto stock di debito pubblico al mondo (dopo Usa, Giappone e Germania). Cosa fa notizia di questi tempi sono piuttosto i rendimenti di assegnazione in asta, che riflettono l'aumento degli oneri degli interessi sul debito già molto elevati.

Lo spread tra i titoli di Stato italiani e tedeschi ha toccato la scorsa settimana livelli record, con il gap tra i bond decennali a quota 347 centesimi. Il rendimento dei BTp a dieci anni ha sfiorato il 6%, per poi ripiegare attorno al 5,7% mentre quello dei BTp a cinque anni si è stabilizzato sopra il 5 per cento. Il BTp a 15 anni è stato assegnato in asta al 5,9%, il tasso più alto dalla nascita dell'euro. Se il costo del debito sale e la crescita cala, si innesca una spirale negativa che fa lievitare il debito/Pil, è il ritornello di questi tempi sul mercato.

Fitch ha però pubblicato la scorsa settimana un'analisi sulle finanze pubbliche italiane con toni niente affatto allarmati. L'analisi a firma di David Riley, Paul Rawkins e Raffaele Carnevale, pur riconoscendo che il mix crescita bassa e tassi alti può minare l'abbattimento del debito pubblico, Fitch ricorda che la vita media e la durata finanziaria del debito pubblico italiano sono state allungate rispettivamente 7,09 anni e 4,87 anni.

«Se anche gli spread dovessero rimanere agli attuali livelli molto alti - è stato calcolato - il pieno impatto sull'onere degli interessi sul debito si farebbe sentire dopo parecchi anni (cinque ndr.) e il debito calerebbe comunque se gli obiettivi di avanzo primario dovessero essere centrati con una crescita invariata».

Neppure un tasso al 7% sul BTp decennale per un lungo periodo è fonte di preoccupazione per Fitch, che lo considera «sostenibile» a differenza dei calcoli del mercato: porterebbe il costo della raccolta dal 4% circa al 5,5% per il 2015, con oneri sul debito a quota 110 miliardi (6,1% del Pil non molto lontani sulle previsioni del governo) contro i 75 miliardi (4,8% del Pil) previsti per il 2011.
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