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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2011 alle ore 14:47.

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Il paradosso dello yen (Reuters)Il paradosso dello yen (Reuters)

Il paese è sotto minaccia di declassamento del suo debito sovrano da parte delle agenzie internazionali di rating. L'economia resta in recessione: tra breve sarà annunciato quello che tutti si attendono come il terzo trimestre consecutivo con il prodotto interno lordo di segno negativo. Il disavanzo pubblico, già enorme, almeno sul breve termine è destinato sicuramente ad aumentare.

La situazione politica è al collasso, con un premier già virtualmente dimissionario (si è impegnato a lasciare il posto al massimo entro poche settimane) e due maggioranze diverse e litigiose nei due rami del parlamento. La banca centrale ha lasciato intendere che procederà a un ulteriore allentamento della politica monetaria già ultraespansiva, a differenza praticamente di tutte le altre banche centrali del mondo. Si stenta a credere che, in un simile contesto, la valuta di questo paese non sia sottoposta a forti pressioni ribassiste. Al contrario, lo yen è tornato vicino ai massimi di tutti i tempi toccati quattro mesi fa nei confronti del dollaro a quota 76,25: da giorni flirta intorno al livello di 79. Sull'euro, invece, si è avvicinato alla soglia di 110 (qualche anno fa tocco' un minimo intorno a quota 169).

Mentre l'ascesa di molte divise asiatiche trova giustificazione in un crescita economica ancora relativamente robusta e nei rialzi dei tassi decisi dalle banche centrali, il rafforzamento dello yen, secondo la generalità degli analisti, ha una ragione del tutto diversa: chi scommette - e sono in tanti - su un'ulteriore ascesa della valuta nipponica, in realtà, lo fa nella convizione che i problemi dell'Eurozona e quelli degli Stati Uniti non si risolveranno facilmente e rischino anzi di aggravarsi. Lo yen continua a godere dello status di bene-rifugio in alternativa al franco svizzero e ad altri strumenti come l'oro: anche gli speculatori, insomma, si pongono il problema di ogni buon investitore, ossia quello di diversificare gli asset, comprese le attività-rifugio. Qualche banca d'affari, come Nomura, avverte che questa situazione non potrà durare e si attende un sensibile indebolimento dello yen verso la fine dell'anno. Inoltre autorevoli rappresentanti del governo - a partire dal ministro delle finanze Noda -hanno ricominciato il minaccioso tormentone dell'"interventismo verbale": assicurano di seguire con estrema attenzione i movimenti dello yen, che appaiono "unilaterali" e in grado di indebolire una economia ancora convalescente dall'effetto-tsunami.

Proprio nei giorni successivi al terremoto, quando - sempre paradossalmente, sull'aspettative di ampi rimpatri di capitali e per movimenti speculativi - lo yen toccò i picchi sul biglietto verde, Tokyo ottenne un intervento concertato del G-7. La minaccia di nuovi interventi sul mercato dei cambi, dopo questo recente precedente, aleggia, ma comunque non si dovrebbe materializzare prima che lo yen risalga ai massimi storici.

Il vicegovernatore della Banca del Giappone, Hirohide Yamaguchi, ha sintetizzato oggi: «L'ascesa dello yen ha qualche vantaggio, come la dimunuzione dei costi delle importazioni. Ma l'economia giapponese sta emergendo solo adesso dal cedimento seguito al terremoto: dobbiamo quindi monitorare attentamente l'impatto negativo dlelo yen, come un declino delle esportazioni e delle vendite aziendali così come un peggioramento della fiducia delle imprese».

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