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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2011 alle ore 06:45.

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e Giuseppe Oddo
Faccendieri, avvocati d'affari, personaggi d'ogni risma entrano in scena nei primi anni Duemila nel progetto dell'ospedale di Cracovia che don Luigi Verzè si è impegnato a realizzare con un accordo tra il ministero del Tesoro polacco e l'Associazione internazionale per la solidarietà tra i popoli. L'Aispo, che ha sede a Milano, in via Olgettina, è un'organizzazione non profit costituita nel 1984 su iniziativa dell'ospedale San Raffaele per realizzare progetti sanitari nei paesi in via di sviluppo. È presente in America latina, Africa, Asia, Europa dell'Est ed è presieduta dall'anziano sacerdote. Il direttore generale è Renato Corrado, trascorsi da medico volontario nel continente nero e un curriculum di tutto rispetto nel campo della cooperazione sanitaria.
Già a metà anni Novanta, il problema principale del San Raffaele è l'eccessiva esposizione finanziaria. Le banche (Banca Intesa in testa) gli hanno accordato di trasformare l'indebitamento dal breve al medio-lungo termine, un modo per dare ossigeno all'attività ospedaliera considerata già all'epoca un fiore all'occhiello per la sua capacità di promuovere ricerca scientifica e per l'alto livello tecnico-professionale. Gli istituti continuano a dare fiducia a don Verzè, ma gli chiedono un cambiamento radicale della gestione manageriale, su cui però il prete continua a fare resistenza.
Come dice un anziano banchiere che ha visto da vicino la realtà di don Verzè, il limite della struttura del San Raffaele è di essere cresciuta a debito e di avere assunto la dimensione di una grande impresa con i metodi di una piccola azienda padronale.
Negli anni Duemila l'ospedale milanese è già un gruppo internazionalizzato che opera anche in settori estranei alla sanità. Si trova in una fase di espansione e di indebitamento senza freni, e per sostenerne lo sviluppo tutte le opportunità sono buone. Anche quelle border line, come dimostra la storia dell'ospedale di Cracovia sorto su un'area di tredici ettari e mezzo donata dal governo di Varsavia. Della cattolica città polacca è stato arcivescovo Karol Wojtyla e per don Verzè è un titolo d'onore portare il marchio del San Raffaele nella ex diocesi di papa Giovanni Paolo II. Tutti i mezzi, quindi, sono buoni per centrare l'obiettivo. Peraltro il San Raffaele è già presente in Polonia a Zamosc, al confine con l'Ucraina, dove lo stesso pontefice il 12 giugno 1999 ha inaugurato un altro ospedale frutto di un programma di cooperazione con il ministero degli Esteri italiano.
Ad accendere per primo i riflettori sui finanziamenti per Cracovia è il sito web Etleboro, un'organizzazione non governativa gestita da Michele Altamura (giornalista esperto di Balcani), il quale denuncia il coinvolgimento del San Raffaele nella ricerca di fondi di origine incerta con la copertura di scatole vuote domiciliate in Svizzera e in centri offshore come le Isole Vergini Britanniche e l'isola-Stato di Niue, nel Pacifico. Etleboro scrive di «personaggi coinvolti in affari di riciclaggio di denaro e di truffe finanziarie» che sarebbero stati utilizzati dalla Aispo e dalla Joseph Foundation di Vaduz (in Lichtenstein), anch'essa presieduta da don Verzè, per reperire soldi da destinare al futuro ospedale di Cracovia.
Dai documenti in possesso del Sole-24 Ore affiorano i nomi di mediatori collegati all'ex presidente del Montenegro Milo Djukanovic, che mantiene ancora oggi il ruolo di padre-padrone del paese, e al defunto ministro degli Esteri Janko Jeknic, coinvolti dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari per associazione mafiosa finalizzata al contrabbando internazionale di sigarette. Parte del denaro sarebbe arrivato dal principe Muhammad Ibn Fahad Ibn Abdul Aziz, governatore della provincia dell'Est dell'Arabia Saudita. A costituire e gestire due società che sarebbero servite a canalizzare i fondi è il fiduciario luganese Federico De Vittori, che sarà chiamato in causa nella misteriosa operazione anglo-austriaca che costerà la vita al finanziere dell'Opus Dei Gianmario Roveraro, ucciso e fatto a pezzi nell'estate 2006.
Non è chiaro l'ammontare del finanziamento: in alcuni documenti si parla di 25 milioni di dollari, in altri di 100. Non è certo che il denaro sia stato effettivamente raccolto nonostante l'ospedale di Cracovia sia stato poi ultimato e sia oggi in funzione. Né è certo che don Verzè conoscesse tutti i risvolti dell'operazione. La vicenda sta comunque a dimostrare come il gruppo guidato da don Verzè agisse al di fuori di ogni regola e di ogni controllo, non solo da parte del proprio consiglio di amministrazione e del proprio collegio sindacale, ma anche da parte delle banche creditrici. Che pagavano e sorridevano.
a.mincuzzi@ilsole24ore.com
g.oddo@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA 1° puntata
I PERSONAGGI
Don Verzè Il fondatore del San Raffaele
Il sacerdote, tramite la Aispo, aveva stipulato un accordo col governo polacco per fare un ospedale nella città di Woityla
Milo Djukanovic Ex presidente del Montenegro
Erano collegati a lui alcuni degli intermediari che si occuparno della ricerca dei fondi
Janko Jeknic Ex ministro del Montenegro

Qualche mediatore era in rapporti con l'allora ministro degli Esteri di Podgorica

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