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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2011 alle ore 09:28.
Alla fine la Germania ci è riuscita. Ha coinvolto "i privati", le banche, nel salvataggio della Grecia. Salvando anche le apparenze: l'intervento è formalmente volontario ed è stato proposto dall'Institute of International Finance (Iif). Ai mercati tutto questo non è piaciuto, e non poteva piacere. La domanda quindi è solo una, ora: servirà questo sacrificio a evitare il contagio e salvare la Grecia? I benefici supereranno i costi?
Il coinvolgimento dei privati ha una conseguenza immediata: Atene è in default selettivo, parziale. Probabilmente è già scontato dalle quotazioni e quando le agenzie di rating lo dichiareranno si tratterà di un timbro notarile o poco più. Nei fatti le banche considerando anche i previsti riacquisti di titoli a prezzo ridotto del governo di Atene, vedranno tagliati del 21% i loro impieghi in bond greci - soldi dei risparmiatori e dei correntisti... - e il loro contributo al salvataggio è stato calcolato in 54 miliardi di euro di reinvestimenti per il periodo 2011-2014 e in 135 miliardi nel 2011-2020.
Non è poco. Da parte loro i governi - che invece usano soldi dei risparmiatori e dei contribuenti - hanno predisposto un ampio programma di interventi per la Grecia e per le banche greche (che hanno bisogno di 20 miliardi per ricapitalizzare) e hanno reso più flessibile il "fondo europeo", l'Efsf, senza però rafforzarlo davvero finanziariamente. «Nuovi strumenti, ma non più munizioni», ha sintetizzato Jürgen Michels di Citigroup. Dei 440 miliardi virtualmente a disposizione dell'Efsf circa 220 sono già stati impegnati per i salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo. Le risorse restanti sono destinate agli altri compiti del fondo, in parte nuovi. L'Esfs, oltre a concedere prestiti ai paesi sulla base di condizioni «adeguate» in termini di riforme, potrà sostenere la ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie private. Soprattutto dovrà sostituire la Bce negli interventi necessari a tenere sotto controllo gli spread nel caso si amplino in modo «eccezionale».
Quali siano questi spread è facile immaginare: quelli di Spagna e Italia, due grandi economie. Laurence Boone e Silvia Ardagna di BankofAmerica Merrill Lynch, basandosi sull'esperienza già svolta della Banca centrale con i tre piccoli paesi in difficoltà, ritengono che potrebbero essere necessari solo per questo compito fino a 290 miliardi di euro.
Sono molte le risorse che mancano quindi all'appello. In caso di grandi turbolenze, il fondo - che oggi non ha neanche la liquidità necessaria per intervenire sui mercati - non sembra una diga sufficiente. «Secondo noi è lontano da un ampio sistema di sostegno di ultima istanza per i mercati di titoli di Stato europei che possa contenere in modo efficace il contagio tra i paesi periferici», spiega Frank Engels di Barclays.
Gli obiettivi del programma, al di là delle dichiarazioni, sono allora limitati. Salverà almeno la Grecia? Non è sicuro. Tenuto conto di tutto, gli analisti calcolano che il debito di Atene non cambierà molto. Sarà importante allora, ancora una volta, la crescita. «La sostenibilità del debito è, in grandissima parte, negli occhi degli osservatori», spiega David Mackie di JPMorgan, secondo il quale il piano della Ue si basa sul presupposto critico che la Grecia generi un forte surplus primario e venda un elevato numero di attività nel giro di 10-15 anni. E, aggiunge, molti investitori non sono pronti a seguire i governi in queste assunzioni.
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