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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2011 alle ore 12:48.
MILANO - Il risanatore di Parmalat Enrico Bondi entra ufficialmente in campo per il salvataggio dell'ospedale San Raffaele di Milano.
Sarà consulente del consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, che ieri in una riunione fiume ha messo all'ordine del giorno la sua nomina, come advisor per la ristrutturazione, assieme a quella di Renato Botti, che si occuperà invece degli aspetti più operativi dell'ospedale e a quella dell'avvocato Francesco Gianni come consulente legale.
Bondi e Gianni sono la coppia che ha risanato Parmalat traghettandola dal default di Calisto Tanzi. Botti, al contrario, era già direttore generale del San Raffaele dal quale se ne era andato a causa di contrasti con il braccio destro di Don Luigi Verzè: cioè Mario Cal, il manager suicidatosi lunedì scorso e i cui funerali si sono tenuti ieri. Sul nome di Botti, è il caso di ricordarlo, le banche creditrici (cioè Intesa Sanpaolo e UniCredit) nei mesi scorsi hanno più volte espresso una preferenza per la gestione operativa.
Nel consiglio di ieri il Cda ha definito, assieme ai nuovi consulenti, il programma delle attivitá da mettere in cantiere, in modo da «accelerare la definizione di un quadro contabile» con l'obiettivo di definire «i diversi scenari che potrebbero risultare dall'attivitá di ricognizione e le ipotesi di soluzione».
In realtà, secondo le indiscrezioni, nel consiglio di ieri sarebbe stato confermato un incarico: quello alla società di revisione Deloitte, che ha già esaminato i conti a fine marzo e che ora dovrà fare una nuova relazione sulle attività e le passività al 30 di giugno: con un occhio particolare alle attività estere della Fondazione. Proprio gli interessi al di fuori del core business del San Raffaele (con partecipazioni in Nuova Zelanda, in Brasile, a Vaduz e Cracovia) rappresentano infatti gli aspetti più strani della discussa gestione passata.
Non è un caso che la Procura di Milano, nell'incontro tenutosi giovedì con alcuni consiglieri del Cda, abbia chiesto un'opera di assoluta trasparenza. I rappresentanti di Palazzo di giustizia (Filippo Lamanna e Luigi Orsi, rispettivamente del Tribunale e della Procura di Milano) avrebbero dato al giurista Giovanni Maria Flick e al professor Maurizio Pini due mesi di tempo (con scadenza il 15 di settembre) per rimettere in sesto l'ospedale.
Un'opera che non si preannuncia per niente facile e con tempi strettissimi: il precedente consiglio di amministrazione aveva infatti incaricato alcuni advisor (il team dell'avvocato Marco Arato di Bonelli Erede Pappalardo, il banchiere Arnaldo Borghesi e il commercialista Giovanni La Croce) di predisporre una relazione d'intesa con le banche (rappresentate dall'avvocato Gregorio Gitti). Per quella relazione erano stati necessari tre mesi e il giudizio finale degli advisor concordava sulla necessità di presentare una domanda di concordato: ipotesi, sulla quale era critico Don Luigi Verzè e sulla quale avevano invece espresso la loro disponibilità anche le banche, pronte a mettere 150 milioni di euro di nuova finanza (50 subito e 100 successivamente) una volta depositata la domanda in Tribunale.
Ora con l'arrivo del nuovo Cda, guidato dal manager Giuseppe Profiti, sarà necessaria una ricognizione sui conti. Resta da capire se Bondi e Gianni lavoreranno in collaborazione con i consulenti di vecchia nomina. Di sicuro, sembra difficile predisporre in soli due mesi (con agosto in mezzo) una relazione esaustiva sulla situazione con la necessità di intavolare altre discussioni con le banche. L'opzione concordato, con l'intervento successivo della Santa Sede tramite un'iniezione di capitale, sembra comunque ancora l'ipotesi più accreditata dagli addetti ai lavori e preferita alla strada della Legge Marzano.
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