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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 16:18.

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Le banche italiane di nuovo nel mirino, e non è una novità.  Ieri i big del credito quotati a a Piazza Affari avevano vissuto una buona giornata: da UniCredit (+4,4%) a Intesa Sanpaolo (+3,1%) fino  Mps (+2,5%). Stanchezza dopo i continui massacri del settore o ricoperture di chi era andato short, fatto sta che un po’ di calma sembrava raggiunta. Oggi, invece, sono tornate le vendite. A metà seduta i bancari sono in rosso: Ubi Banca cede oltre il 5%; Intesa il 4,89%; UniCredit il 4,38% e Banco Popolare il 3,9 per cento. Un trend causato da un mix di fattori.

L’alta volatilità

In primis va rilevato che la volatilità del settore in questo periodo deve indurre alla prudenza: cioè, per intenderci, Monte dei Paschi oggi ha toccato un minimo di 0,503 euro (la chiusura di ieri era stata 0,52), per poi risalire a 0,542 e attualmente viaggia su 0,515 euro.

Effetto Ft?

Ciò detto, un effetto psicologico negativo lo ha indubbiamente avuto l’apertura del dorso del Financial Times che titola “Deustsche Bank si copre dal rischio italia”. E, nell’articolo, descrive la strategia (peraltro sottolineata nell’analisi di oggi del Sole24Ore a firma di Walter Riolfi) dell’istituto tedesco che «ha ridotto l’esposizione netta al debito governativo italiano dell’88% nel primo semestre del 2011». Una mossa però che, a quanto scrive lo steso Ft, «sarebbe realizza non attraverso vendita di bond italiani, bensì attravesr un’attività di copertura con l’acquisto di Credit default swap».

A quello che può essere definito “effetto Ft” si sono aggiunti in giornata alcuni report di case d’affari (come Nomura) che hanno tagliato le stime sugli utili e, di conseguenza, anche sui target price del settore. 

I timori sul debito sovrano

Non può dimenticarsi, poi, l’andamento degli spread sui titoli governativi: secondo i dati di Dow Jones, la differenza di rendimento tra il BTp biennale e il Bund tedesco è passato da 267,5 basis point di ieri agli attuali 288,9. Analogo andamento per il decennale: si è passati dallo spread di 2,75% a uno di 2,92 per cento. In una situazione simile, giusto o sbagliato che sia, il mercato fa un banale ragionamento: le banche sono tra le principali prenditrici dei titoli di Stato italiano; giocoforza, il calo delle quotazioni induce potenziali svalutazioni di questi asset a bilancio. Non conta che gli istituti di credito siano solidi: conta di più il contesto (il sistema italia) in cui lavorano. La bassa crescita stimata, il debito pubblico alto sono un mix cui è meglio stare distanti. Così, la prima cosa che sembra meglio fare è vendere i bancari.

Buon esito per l’asta di oggi di titoli di stato italiani

Non serve neppure il buon andamento dell’asta di Btpei di oggi. Il Tesoro aveva un range d’offerta tra 0,5 e 1 miliardo di euro.  L’asta ha riguardato 942 milioni, quindi un valido ammontare con un covered ratio del l’1,69.  Questa asta avrebbe dovuto essere un buon viatico per i mercati. Evidentemente, ha pesato  il rialzo  «del rendimento lordo – come scrive UniCredit - che è stato del 4.07%, in crescita di 155 basis point rispetto all’asta di maggio». Ogni scusa è buona per vedere il bicchiere mezzo vuoto.

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