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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 08:49.

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Grandi acquisti a contrastare i flussi di venditeGrandi acquisti a contrastare i flussi di vendite

Non si capisce se gli investitori siano adesso più preoccupati per la logorante crisi dei debiti sovrani o per il peggioramento delle condizioni economiche. Per non sbagliare, ieri hanno deciso di vendere titoli ciclici (industriali, tecnologici, auto) e ancora quelli delle ultra bistrattate banche europee. La relativa novità è che su queste ultime s'è vista meno pressione, nonostante siano ulteriormente saliti i rendimenti dei titoli di Stato nei Paesi periferici e ampliati gli spread di Italia e Spagna saliti, nel nostro caso, a nuovi massimi storici.

Ci si sarebbe aspettati una mazzata sulla Spagna, visto l'ennesimo abbassamento di rating promesso da Moody's. Invece il colpo più forte l'hanno subito le attività finanziarie italiane: per buona parte della seduta, i Cds sui Btp a 5 anni sono cresciuti più che per i Bonos; i rendimenti dei Btp decennali sono aumentati più dell'equivalente bond iberico. Solo nel finale le cose si sono un poco riequilibrate. Ma, anche in chiusura, le banche italiane hanno perso mediamente più di quelle iberiche. Quel che potrebbe sembrare un accanimento verso il nostro Paese è in realtà la conseguenza della sua maggior importanza nei portafogli dei grandi investitori internazionali. Tra questi, gli americani che, alle 14.30 (ora italiana), appena messo piede nei loro uffici di New York, hanno cominciato a trasmettere ordini di vendita su tutti i titoli bancari europei.

Il lato positivo è che finalmente s'è potuta apprezzare una reazione di alcuni investitori disposti a comperare anche dinanzi alla pressione di vendite: cosicchè il settore bancario dello Stoxx ha recuperato parte delle perdite negli ultimi 90 minuti. Tuttavia gli scambi sono apparsi in sensibile calo per i titoli italiani e stabili per quelli delle altre Borse e questo potrebbe essere un segnale che le tensioni si stanno attenuando a Piazza Affari.

Uno sguardo ai listini e ai comparti suggerisce che il principale tema della seduta è stata la rotazione settoriale avvertita già nei giorni scorsi. La strategia è di ridurre il peso dei titoli ciclici (in particolare, ieri, quelli legati alle materie prime) a vantaggio di quelli difensivi. Si spiegano pertanto le maggiori perdite subite dalle Borse di Amsterdam e di Zurigo e il fatto che Piazza Affari sia apparsa più resistente di tante altre. Questo mutato atteggiamento degli investitori trae origine dal peggiorare del quadro macroeconomico, in Europa e soprattutto negli Stati Uniti.

A giudicare dalla reazione di Wall Street (un modesto calo per l'indice S&P), si direbbe che le cose non vanno affatto male Oltreoceano. Ma la Borsa era forse troppo concentrata sull'evoluzione del dibattito sul debito pubblico Usa, per affliggersi davanti ai numeri che sono arrivati: tutti brutti e peggiori delle attese. Il Pil del secondo trimestre è aumentato appena dell'1,3%, contro stime di un +1,8%. Sebbene il Pil sia storia passata, giova sottolineare come il risultato sia molto più basso di quanto si prevedesse due mesi fa, quando il consenso degli economisti lo vedeva al 3,3%. Se si considera che Wall Street e sotto di appena il 4,8% dai massimi di aprile, è logico pensare che buona parte di quell'ottimismo sia ancora nei prezzi delle azioni. Tanto più che anche l'attività manifatturiera (area di Chicago) è calata oltre le attese. Con un quadro del genere stupisce che la fiducia dei consumatori, come la misura l'università del Michigan, sia rimasta sostanzialmente stabile. Forse dipende solo da come sono fatti questi sondaggi. Quello compilato da Gallup racconta tutta un'altra storia: le cose stanno andando peggio per il 73% degli americani (62% un mese fa) e l'indice di fiducia è crollato da -30 a -46.

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