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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 12:07.

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Giancarlo Cimoli e Francesco Mengozzi (Ansa)Giancarlo Cimoli e Francesco Mengozzi (Ansa)

Richieste di rinvio a giudizio in arrivo per la bancarotta della vecchia Alitalia. Dopo due anni, la Procura di Roma ha chiuso l'inchiesta sulla compagnia aerea in amministrazione straordinaria da agosto 2008, notificando a 7 indagati l'avviso di conclusione indagini.

Atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio da parte dei pm Stefano Pesci e Francesca Loy, coordinati dal procuratore aggiunto, Nello Rossi.

Tra gli ex vertici che rischiano il processo ci sono l'ad Francesco Mengozzi, in carica dal 9 febbraio 2001 al 27 febbraio 2004, e Giancarlo Cimoli, presidente dal 6 maggio 2004 al 22 febbraio 2007. Bancarotta per dissipazione e/o distrazione, a seconda delle posizioni, l'accusa. Per Cimoli si ipotizzano anche due episodi di aggiotaggio: la separazione di Alitalia Fly da Alitalia Servizi, il cosiddetto spezzatino, un'operazione «priva di giustificazione economica», secondo i pm, volta a fornire al mercato un'apparenza di risanamento per ottenere un aumento di capitale di 1 miliardo di euro; la carenza di informazioni sull'offerta di acquisto per Volare Group «al prezzo irragionevole» di 38 milioni.

Secondo l'accusa, gli indagati hanno dissipato il patrimonio di Alitalia «attraverso attività e operazioni abnormi sotto il profilo economico e gestionale» che nel periodo 2001-07 avrebbero causato perdite per circa 4,7 miliardi di euro. Oltre a Cimoli e Mengozzi, rischiano il processo gli ex dirigenti Gabriele Spazzadeschi, Pierluigi Ceschia e Gennaro Tocci, e i funzionari Giancarlo Zeni e Leopoldo Conforti. Si va invece verso l'archiviazione per gli altri indagati: gli ex presidenti Fausto Cereti (1996-2003) e Giuseppe Bonomi (2003-04), gli ex ad Domenico Cempella (1992-2001) e Marco Zanichelli (2004) e l'ex dg Giovanni Sebastiani.

Tra gli episodi di bancarotta contestati c'è anzitutto la gestione «economicamente abnorme» del settore Cargo (135 piloti per 5 aerei) da parte di Mengozzi e Cimoli, con «perdite sistematiche» per 398,4 milioni di euro. In realtà dai dati emerge che con Mengozzi c'è una sensibile riduzione delle perdite. L'ex ad è anche accusato di avere ceduto, a luglio 2003, Eurofly alla Effe Luxemburg al «prezzo del tutto inadeguato e incongruo» di 13,4 milioni, accollandosi i debiti e acquistando crediti inesigibili. A Eurofly sarebbe anche stato ceduto un diritto di opzione per 13 aerei del valore di 1,9 milioni di euro al prezzo di 1,9 milioni di dollari ciascuno, con una plusvalenza di 5 milioni di euro per gli acquirenti. Tra le operazioni inspiegabili, la vendita nel 2006, con Cimoli, di 2 MD80 a 3,1 milioni di euro l'uno a Bytols (gruppo Spadaccini), con "la contestuale e inopinata sublocazione degli stessi aerei ad Alitalia" a 6,6 milioni. A Cimoli è infine contestata, in quanto inutile, la consulenza da 50,8 milioni di euro affidata dal 2004 al 2006 a McKinsey.

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