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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2011 alle ore 12:05.

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Hsbc affonda l'acceleratore sul piano di ristrutturazione e insieme a utili miliardiari annuncia il taglio di 25mila dipendenti, due volte e mezzo quanto era stato fino a ieri ipotizzato. Gli investitori approvano e il totlo sale a New York. La notizia arriva insieme alla decisione del maggior hedge fund europeo, Lansdowne partners, di liquidare tutte le posizioni su Goldman Sachs nella convinzione che l'investment banking si sia avvitato in una crisi cronica.

Pessime notizie quindi sul fronte bancario seppure su due coté del tutto diversi. La più sorprendente arriva dal colosso anglo-cinese che fa segnare 11,5 miliardi di dollari di utile nel primo semestre dell'anno in progressione del 3% e con un dividendo in crescita del 12,5 per cento. Nonostante numeri solidi e un core tier 1 (indice che misura la patrimonializzazione ndr.) che veleggia attorno al 10,8%, Hsbc uscirà da venti paesi nel mondo fra cui Russia e Polonia concentrandosi sul core business che è resta l'Asia. Questo significa che entro il 2013 saranno tagliati 25mila posti di lavoro nel mondo. Un colpo d'ascia che va oltre ogni previsione – era stata immaginata la riduzione di 10mila posizoni - e che va letto come un ripensamento globale della strategia post credit crunch di quello che è ormai il maggiore istituto al mondo.

Intanto prende forma un altro evento che riporta ai giorni della crisi del credito. Il precedente di Lansdowne partners è a dir poco inquietante. L'ultima volta che l'hedge fund, uno dei top al mondo e probabilmente in assoluto il maggiore in Europa, ha venduto Goldman Sachs era il 2008, qualche mese prima dal collasso di Lehman. La storia si ripete con la notizia della liquidazione di tutta la partecipazione nella banca d'affari americana da parte di uno dei venti maggiori azionisti. Lansdowne ha liberato 850 milioni di dollari, ovvero poco meno dell'1% di Goldman e 10% circa del proprio portafogli.

La decisione destinata a lanciare un messaggio inquietante al ceo della banca americana Lloyd Blankfein è in realtà un monito per il mondo dell'investment banking in generale, visto con sospetto crescente dagli investitori. La mossa svelata da uno scoop del Sunday telegraph nasce da considerazioni generali, ma anche dalle conseguenze della Volcker rule (la riforma finanziaria voluta da Barack Obama) che ha posto limiti importante al proprietary trading, ovvero alle attività commerciali che le banche effettuano per conto proprio e non a nome e con capitale dei clienti. Una misura che ha colpito il roe (ritorno sull'investimento) di Goldman, diminuito dalla forchetta abituale del 24-30% al 15 circa, convincendo Lansdowne ad alleggerire la propria posizione nel banking liquidando l'intera partecipazione in Goldman.

Il parallelo con il 2008 è inevitabile perché proprio quella vendita sembrò suonare, per molti osservatori, la campana dell'ultimo giro, prima del crack prodotto dal credit crunch. In realtà ci sono differenze perché in quell'occasione l'hedge fund britannico vendette tutto il portafoglio sui bancari, mentre questa volta ha nel mirino l'investment banking e Goldman prima di tutti. Lansdowne, per esempio, continua ad essere il maggior azionista privato di Lloyds bank group l'istituto di credito concentrato sul retail di cui il Tesoro britannico ha una quota che supera il 44 per cento. Per ora non intenderebbe vendere anche perché i valori sono ancora molto bassi, ma la decisione sul Goldman non si può non declinare con il quadro complessivo dell'industria bancaria britannica che questa settimana svelerà la propria condizione con una raffica di risultati del primo semestre. Di Hsbc abbiamo detto, ma nelle prossime ore e giorni seguiranno sia Barclays che Lloyds e Rbs.

Non si attendono numeri esplosivi – secondo le anticipazioni che circolano a Londra - a conferma delle difficoltà di un settore che attende di conoscere il proprio destino nelle prossime settimane. A metà settembre, infatti, la Indipendent Commission sul futuro del credito in Gran Bretagna concluderà i propri lavori svelando quale sarà il modello per le banche inglesi nell'era post credit crunch. E a quell'appuntamento ci arrivano tutte zavorrate da conti ancora pesanti.

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