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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2011 alle ore 08:06.

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Un nuovo titolo di Stato destinato esclusivamente ai piccoli investitori italiani con rendimenti adeguati al rischio-Italia, depurati dai recenti eccessi, e con una tassazione agevolata per attrarre il risparmio.

Un BTp a 5 o 10 anni solo per i portafogli retail, emesso per un importo-pilota tra i 10 e i 20 miliardi di euro, con rendimenti tra il 4% e il 5%. È questa la proposta lanciata ieri dalla piazza finanziaria parigina da operatori di mercato (che hanno voluto conservare l'anonimato) che si sono voluti associare agli appelli di chi invita l'Italia in questi giorni ad adottare soluzioni immediate per «spezzare la spirale del debito» e «comprare tempo fino a quando l'Efsf potrà acquistare i titoli di Stato italiani sul mercato secondario».

L'Italia deve dimostrare agli investitori stranieri, che fino all'anno scorso detenevano il 52% del debito pubblico negoziabile ma che ora potrebbero essere scesi sotto il 40%, che la domanda interna c'è ed è solida e che i bond italiani possono essere collocati senza difficoltà sul mercato domestico. I risparmiatori italiani posseggono il 10% circa di BoT, BTp e CcT: questa quota dovrebbe essere rimpolpata anche con l'emissione di titoli innovativi fiscalmente agevolati per tranquillizzare gli investitori esteri che stanno perdendo fiducia sulla capacità del Tesoro italiano di raccogliere gli ammontari massimi in asta senza strapagare. È questa la proposta.

Gli scossoni di questi giorni, è la tesi, sono stati causati da vendite di taglio medio-piccolo provenienti da conti stranieri. Stanno disinvestendo lentamente dall'Italia investitori di lungo termine americani, asiatici e anche europei. Causa la scarsa liquidità e l'assenza di compratori importanti, queste vendite di dimensioni contenute provocano spostamenti di prezzo violenti portando alle stelle i rendimenti: gli stranieri che avevano deciso di tenere i BTp e vendere i bond greci, irlandesi, portoghesi e spagnoli ora sono preoccupati. L'aumento del costo del debito pubblico italiano di questi giorni, se dovesse prolungarsi in uno scenario di crescita economica bassa o nulla, innescherà l'abbassamento del rating italiano, metterà in pericolo la sostenibilità di un debito/Pil già vicino al 120%.

L'Italia insomma è caduta vittima della «spirale del debito». La curva dei rendimenti dei titoli di Stato è salita velocemente, con tassi dai 3 ai 10 anni che ieri partivano dal 5,14% fino al 6,14%. L'onere del servizio del debito è aumentato pericolosamente, riducendo la capacità dell'Italia a bassa crescita di rimborsare i debiti senza creare nuovo debito e accrescendo quindi le probabilità di declassamenti di rating. La sfiducia aumenta e gli stranieri vendono quote sempre più consistenti di BTp.

Vendite che fanno salire ulteriormente i rendimenti, in una spirale che si autoalimenta ma che può essere spezzata contrastando le vendite con la domanda. Le banche italiane, soggette a regole ferree di contenimento dei rischi di liquidità e volatilità e di credito dettate su scala europea e globale, hanno fatto molto ma da sole non possono assorbire completamente le vendite dall'estero. La Bce ha deciso di non comprare i titoli italiani sul secondario, forse perché finora non ha riscontrato un andamento anomalo tale da compromettere la stabilità e la liquidità del mercato monetario: come era avvenuto invece nel caso dei titoli di stato greci, portoghesi e irlandesi. Il veicolo Efsf non è ancora in grado di acquistare i BTp e i CcT sul secondario: potrà farlo a partire da settembre oppure ottobre o chissà quando.

Per evitare che in agosto la spirale del debito e del rating si avviti ancora di più, l'Italia può continuare la politica del rigore per raggiungere il pareggio di bilancio, può introdurre riforme strutturali per la crescita: ma questi sono obiettivi di medio-lungo periodo. Nell'immediato, Bruxelles e Roma, stando agli operatori, devono intervenire sul mercato e contrastare le vendite anche dimostrando che la domanda c'è e gli acquisti ci sono.

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