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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 11:37.

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Nella partita a tre fra i mercati finanziari, i Governi e le autorità europee e la Bce, è stata quest'ultima a giocare la mano più forte, avendo a disposizione l'unica carta in grado di arginare il panico sui mercati, gli acquisti di debito pubblico dell'Eurozona, in particolare di Italia e Spagna. Una carta che la Bce è apparsa estremamente riluttante a giocare, e solo a condizioni ben precise. Ottenendo anzitutto una contropartita dal Governo italiano.

Giovedì, in conferenza stampa, il presidente Jean-Claude Trichet ha annunciato la ripresa del programma di acquisti, sospeso da marzo. Lo ha fatto in modo ambiguo, per i modi (acquisti solo di titoli di Portogallo e Irlanda, ben lontani dall'occhio del ciclone che sta investendo i mercati), le dimensioni (solo qualche centinaio di milioni di euro, secondo gli operatori) e per l'aperta ammissione di dissenso nei ranghi, capeggiato dalla Bundesbank. Più tardi, Trichet ha precisato: «I Paesi devono fare la loro parte». E ieri mattina, in un'intervista alla radio francofona, il governatore della Banca centrale belga, Luc Coene, è stato più chiaro: «La Bce è pronta a sforzi importanti, ma prima i Governi devono capire che non si può versare acqua in un secchio con un buco». In altre parole, possiamo intervenire anche a favore di Italia e Spagna, ma prima facciano i loro compiti, sul risanamento fiscale e sulle riforme per la crescita. La Bce rifiuta da sempre un ruolo di supplenza totale delle lacune della costruzione europea e delle inadempienze dei Governi e soprattutto rigetta un ruolo di tipo fiscale che massicci acquisti di debito pubblico finirebbero per attribuirle.

I primi risultati dell'atteggiamento di Francoforte si sono visti ieri sera, con l'annuncio del Governo italiano, piegato all'inevitabile, e con le prime indicazioni a livello europeo che la discussione sull'aumento delle risorse a disposizione dell'Efsf, il fondo salva-Stati, sono iniziate seriamente.
A questo punto, la Bce, che anche ieri era sul mercato solo per piccoli importi e solo su titoli portoghesi e irlandesi, può muoversi su Italia e Spagna. Ma sarebbe sbagliato aspettarsi interventi massicci e open-ended, senza un termine. E questo termine è probabilmente l'entrata in funzione di un Efsf rafforzato. Inoltre, se è vero, come osserva Dirk Schumaker, di Goldman Sachs, che «in principio, la Bce ha una potenza di fuoco illimitata», è vero anche che la utilizza solo in emergenza e che le divisioni al suo interno sono un ulteriore freno. E che il caso di Italia e Spagna è ben diverso da quello di Grecia, Irlanda e Portogallo, se non altro per dimensioni. Su questi tre Paesi, l'istituto di Francoforte ha realizzato, nell'arco di dieci mesi, interventi per 75 miliardi di euro, un 15-20% circa del debito totale per ciascuno dei tre. Nel solo mese di settembre, l'Italia ha necessità di rifinanziamento vicino a questa somma. Il debito complessivo di Italia e Spagna è di 2.200 miliardi di euro, contro 450 miliardi degli altri tre, l'acquisto anche solo del 10% del debito italiano e spagnolo significherebbe interventi per 200 milioni di euro. Importi tra l'altro che sarebbero molto più difficili da sterilizzare per evitare ripercussioni sull'inflazione, come Trichet ha categoricamente ribadito giovedì.

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