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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 20:12.
di Walter Riolfi
Con il clima di caccia all'untore che si respira di questi tempi, figuriamoci se si trova qualcuno disposto a confessare d'essere andato al ribasso sui Btp o sui titoli delle banche italiane. Proviamo con il gestore di un hedge fund, che sapevamo pessimista da mesi sulla questione dei debiti sovrani. «Ho semplicemente venduto dei titoli in portafoglio, ma non sono andato "corto" (allo scoperto)», dichiara. Sarà. C'è un importante broker, le cui analisi scritte due mesi fa appaiono oggi la perfetta ricostruzione di quanto è accaduto sul debito e sui titoli bancari italiani. Tanta lungimiranza deve sicuramente avergli fruttato. «Non ho mosso un titolo, il mio lavoro è semmai di consigliare gli investitori», risponde. Sarà vero?
La cosa migliore è provare con chi gestisce i fondi di fondi hedge. Loro sanno parecchio, visto che ne tengono sotto controllo almeno un centinaio sparsi in tutto il mondo. Proviamo con una grossa società svizzera e con una di Londra. C'è qualche fondo che ha guadagnato vendendo allo scoperto? «Non ne ho idea», dice il gestore della prima. «E chi lo sa? Bisogna attendere almeno una settimana per vedere le performance del mese scorso», risponde diplomaticamente il secondo. A rigore, ha ragione. Quando Lipper o altre società che monitorano il settore pubblicheranno i risultati del mese di luglio, capiremo anche chi ha venduto allo scoperto.
Saranno gli unici ad aver guadagnato. Essendo sceso tutto, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo – tutto dalle azioni alle materie prime – a far soldi possono essere stati solo gli investitori che sono andati al ribasso. Oppure, quelli che, in portafoglio hanno solo bond e titoli di Stato "virtuosi": soprattutto americani, tedeschi e svizzeri. L'impressione, però, è che la gran parte degli hedge fund, e la quasi totalità dei fondi, abbiano subìto perdite più o meno consistenti. Tra gli operatori internazionali girano voci piuttosto attendibili che anche un guru come John Paulson – quello che tra il 2006 e il 2008 fece guadagni stratosferici vendendo allo scoperto la carta costruita sui mutui casa – abbia perso il mese scorso il 10% circa. E in Europa si racconta che Algebris stia pagando a caro prezzo la fiducia che aveva riservato all'Italia.
Eppure qualcuno avrà pur guadagnato in questa tempesta che ha squassato i Btp e Piazza Affari. «Due mesi fa ci sono stati hedge fund che hanno operato al ribasso sulle attività finanziarie italiane, ma ora il gioco è diventato rischioso», ammette un terzo gestore (londinese) di fondi hedge. C'è del vero, perché questa categoria di investitori è solita muoversi prima delle altre e non può essere tacciata di quel conformismo che invece contraddistingue l'azione dei fondi comuni e dei fondi pensione.
In effetti, a vendere sono stati soprattutto i grandi investitori istituzionali. Per lo più hanno liquidato direttamente i titoli (Btp e azioni bancarie). Se invece hanno semplicemente cercato di proteggere il loro portafoglio obbligazionario, avevano essenzialmente due opzioni: vendere il future sul Btp o assicurarsi comprando un credit default swap. In entrambi i casi avevano messo altri nella condizione di vendere i titoli al ribasso. Sulle azioni, nonostante le cadute abissali subite dai titoli delle banche italiane (e, un po' dopo, anche del resto d'Europa), non pare vi sia un enorme scoperto. Diversamente dagli Usa, le autorità di borsa europee non tengono sotto controllo l'entità delle posizioni short (ribasso). Oltre ai future sugli indici, l'unica finestra per spiare in questo senso il mercato è attraverso le opzioni sui singoli titoli: e da questa non pare proprio che lo scoperto sia così grande, visto che le call (opzioni in acquisto) superano le put (in vendita).
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