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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2011 alle ore 08:14.

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PARIGI - Ci risiamo. Da una parte la Germania e dall'altra la Francia, a dire il vero in buona compagnia. Mentre i mercati, sempre più nervosi, chiedono chiarezza, unità, impegni importanti a lunga scadenza. Nei fatti, cioè nei soldi, e non nelle parole.
La nuova cacofonia in casa euro riguarda questa volta la dotazione del Fondo di stabilità (Efsf). Attualmente è di 440 miliardi, cifra da molti ritenuta insufficiente ad affrontare in modo convincente la crisi dei debiti sovrani. È quello che pensa il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, il quale non perde occasione per ripeterlo. Assegnando a volte il compito a qualche commissario, com'è stato il caso nei giorni scorsi di Olli Rehn.

Ma è quello che pensa, appunto, anche Parigi. Il ministro dell'Economia François Baroin ieri è tornato aull'argomento con insistenza: «Abbiamo già detto che se fosse necessario aumentare le risorse del Fondo lo faremo».

A Berlino la pensano diversamente. Sempre ieri la Merkel ha affidato al portavoce del Governo una secca dichiarazione: «Nel vertice di Bruxelles del 21 luglio è stato deciso che l'Efsf rimanga com'è, con la dotazione che ha. Rispetto ad allora non c'è alcuna evoluzione». Per poi aggiungere, ironico: «Nelle ultime settimane alcune uscite molto mediatizzate hanno conquistato le prime pagine dei giornali. Senza ottenere, a quanto sembra, l'effetto desiderato». Il messaggio, insomma, è chiarissimo. Anche a Parigi. Bisogna parlare di meno, fare meno annunci, e lavorare di più nel mettere ordine nei propri conti.

Eppure la lunga notte tra domenica e lunedì sembrava aver ridato compattezza ai leader dell'Europa e del mondo. Prima il comunicato del G-7, diffuso a Parigi, con il solenne impegno «a prendere tutte le misure necessarie a sostenere la stabilità finanziaria e la crescita, con la determinazione ad agire in modo coordinato ogni volta che è necessario, assicurando la liquidità e sostenendo il buon funzionamento dei mercati». Poi quello del G-20, diramato da Seul, che ribadisce lo stesso concetto. Infine, atteso con particolare ansia, l'impegno della Bce a comprare titoli italiani e spagnoli.

Certo, superare le resistenze tedesche ancora una volta non è stato facile. Proprio su questo punto c'era stata, la scorsa settimana, l'opposizione del presidente della Bundesbank Jens Weidmann, ex consigliere di Angela Merkel. Per ottenere il suo via libera, cioè il disco verde della cancelliera, era stato necessario un comunicato congiunto franco-tedesco, domenica sera, nel quale Nicolas Sarkozy e la Merkel commentavano con favore le ulteriori misure decise da Roma e Madrid ma sottolineavano che una loro «rapida e completa attuazione è essenziale per ridare fiducia ai mercati». Formula che molti, in Italia, hanno interpretato come una sorta di commissariamento.

Poche ore più tardi è però arrivata la puntualizzazione di Berlino sulle risorse del Fondo, e anche sul suo ruolo. Il portavoce della Merkel ha aggiunto che i titoli di debito sovrano acquistati dalla Banca centrale europea rimarranno comunque in possesso della Bce. Nessun trasferimento all'Efsf.

Le posizioni di Germania e Francia riflettono d'altronde in maniera evidente il clima politico interno dei due Paesi. D'un lato Sarkozy, che a fine aprile si ricandiderà alla presidenza, ha bisogno di presentarsi al proprio elettorato come l'eroe dell'Europa, il salvatore dell'euro. E i sondaggi sulla popolarità, che lo vedono in lenta ma costante rimonta, dimostrano che il suo attivismo sulla scena internazionale paga.

Dall'altro la Merkel deve fare i conti con la riottosa anima più conservatrice della Cdu e con la maggioranza dell'opinione pubblica. Una recente rilevazione dice infatti che per il 60% dei tedeschi la cosa più preoccupante è l'aumento del debito pubblico. Prima ancora del futuro delle pensioni, peraltro conseguenza diretta di uno squilibrio dei conti.

Una verifica sul reale stato dei rapporti tra Parigi e Berlino è in ogni caso prevista per fine agosto. Quando Merkel e Sarkozy presenteranno un documento comune sul rafforzamento della governance economica dell'Eurozona. Tema sul quale le opinioni da una parte e dall'altra del Reno sono, a quanto pare, molto diverse.

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