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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2011 alle ore 08:04.
È una decisione audace. «Le condizioni economiche (...) probabilmente garantiscono tassi a livelli eccezionalmente bassi almeno fino a metà 2013»: sono altri due anni di tassi a quota zero, già introdotti due anni e mezzo fa, a dicembre 2008.
La Fed in realtà non si è mai rifiutata di prendere impegni: per mesi ha garantito tassi bassi «per un tempo prolungato»; e nella lenta stretta iniziata nel 2004 disse che il rialzo sarebbe proseguito 'a un ritmo misurato'. Altre banche centrali, del resto, 'prevedono' le loro mosse, come la Riksbank di Stoccolma e la Norges Bank di Oslo. Queste promesse impongono solo che ogni deviazione dal sentiero programmato sia giustificata da una situazione economica davvero nuova.
Dire di mantenere i tassi a livelli bassissimi per due anni, però, è qualcosa in più. Un precedente c'è: la Bank of Canada, ad aprile 2009, promise tassi allo 0,25% per almeno 14 mesi. E così fece, senza (troppe) conseguenze. L'impegno può tuttavia avere ricadute importanti. Non tanto e non solo sull'inflazione, finora ben gestita, quanto sulla valutazione dei rischi finanziari, che potrebbe risultare distorta. La Fed non dà mai troppo peso, nelle sue scelte, alle reazioni di lungo periodo dei mercati. Il dissenso di tre governatori testimonia però che questi effetti sono stati riconosciuti e calcolati.
Cosa è successo allora da spingere la Fed a 'correre il rischio'? Pensa che l'economia Usa sia molto peggiorata? Teme una nuova recessione? Forse non è così. La mossa - che, come dice esplicitamente il comunicato, potrebbe non restare isolata - sembra piuttosto un sostegno all'economia e ai mercati nel momento in cui la politica fiscale deve diventare più rigida e deflazionistica. Un messaggio chiaro a Obama, quindi; e anche una coraggiosa assunzione di responsabilità.
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