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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2011 alle ore 08:06.

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La bufera travolge i big del creditoLa bufera travolge i big del credito

Un comunicato diffuso alle 19,34 dalla Société Générale, in cui la banca «smentisce categoricamente e con il massimo della forza tutte le voci di mercato, totalmente infondate, che hanno influenzato il corso del titolo in Borsa» e annuncia di aver chiesto all'Amf (la Consob francese) «l'apertura di un'inchiesta sull'origine di queste voci che danneggiano gravemente l'interesse dei suoi azionisti», ha chiuso una delle sedute più incredibili e drammatiche della Borsa di Parigi.

Eppure la giornata era cominciata in maniera tranquilla con il Cac40 in aumento dell'1,85 per cento. Verso le due, in pochi minuti, è cambiato tutto. Alle tre e dieci il calo era già superiore al 2% ed è passato al 3% dopo l'apertura di Wall Street. Nel mirino c'erano soprattutto i titoli bancari: alle quattro Société Générale perdeva oltre il 20%, con la prospettiva di dividere per cinque in una sola seduta il proprio valore. Mentre i suoi Cds salivano a quota 330 (rispetto ai 150 del 22 luglio). Ma la situazione non era molto più rosea per gli altri grandi istituti francesi: il Crédit Agricole perdeva il 16% (con i Cds passati da 160 a 285) e Bnp Paribas il 12% (Cds da 130 a 235).

Parlare con gli operatori non era di grande aiuto, perché anche loro non sapevano spiegarsi qualcosa che sembrava davvero incomprensibile. In un mercato di estrema volatilità, ormai in mano ai rumors e alla speculazione, c'erano almeno tre voci che circolavano insistentemente.

La prima riguardava l'imminente annuncio, da parte di una delle tre principali agenzie di rating, di un downgrading della Francia. Certo il più esposto del ristretto club dei Paesi dell'Eurozona a tripla A. I Cds erano ormai a 163 e gli spread tra Oat e Bund a 90 punti base, per entrambi un record. Anche se, paradossalmente, i rendimenti dei decennali francesi erano in calo di 12 punti.

«In realtà - spiegava Cyril Regnat di Natixis - i dubbi riguardano all'origine la debolezza della crescita francese, quindi la difficoltà a rispettare gli impegni sul calo del deficit, a maggior ragione in periodo preelettorale, con un possibile impatto sulla solvibilità del Paese. Inoltre c'è un reale problema di liquidità, con una forte tensione sull'interbancario».

Alle 16,14 il ministero dell'Economia entrava in campo per «smentire formalmente» un abbassamento del rating francese: «Queste voci sono totalmente infondate e le tre agenzie hanno ribadito che non ci sono rischi di downgrading». Quasi in contemporanea Fitch e Moody's dichiaravano che non c'era alcun motivo per non confermare la tripla A della Francia, con una prospettiva stabile. Lo stesso aveva già fatto domenica Standard & Poor's.

Ma l'annuncio non era sufficiente. A causa delle altre due voci. Una immaginava un ampliamento del piano di salvataggio della Grecia ai titoli con scadenza 2024, invece del 2020, con un conseguente ampliamento delle perdite per i creditori privati che partecipano a quell'operazione per 135 miliardi (ma Société Générale non ha in portafoglio titoli sovrani greci con scadenza successiva al 2020).

L'altra riguardava direttamente SocGen, per la quale su Twitter veniva rilanciata addirittura la prospettiva di un fallimento. Qualcuno si spingeva a dire che era già pronto un piano di nazionalizzazione della banca. L'origine di quella voce risale a domenica, quando il giornale inglese Mail on Sunday ha pubblicato un articolo in cui si sosteneva che SocGen, in grave crisi di liquidità, era «a un passo dal disastro». E poco importava, a un mercato totalmente fuori controllo, che già da 48 ore sul sito della banca comparissero le scuse del giornale: «Riconosciamo che l'informazione era priva di fondamento e presentiamo le nostre scuse».

La nuova spiegazione riguardava l'esposizione delle banche francesi nei confronti del debito sovrano dei Paesi più problematici dell'Eurozona: 393 miliardi sull'Italia e 141 sulla Spagna (57, tanto per capirci, sulla Grecia), secondo le rilevazioni Bri di fine 2010.

Alle cinque e mezza, finalmente, è arrivata la chiusura e si sono fatti i conti dei danni. Il Cac40 ha perso il 5,45%, fermandosi appena sopra la soglia dei 3mila punti, con volumi (7,7 miliardi) abbastanza sostenuti per essere il 10 agosto. Société Générale ha lasciato sul terreno il 14,7% (a 22,2 euro), l'Agricole l'11,8% (a 6 euro), Bnp Paribas il 9,5% (a 35,6 euro) e Axa il 10,6% a 10 euro.

«Ora non resta che sperare nel classico rimbalzo», commentavano gli operatori in vista dell'apertura di questa mattina.

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