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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2011 alle ore 08:02.
Il Vix, «summa» sintetica delle opzioni sull'S&P500, come indice della paura? Per molti ma non per tutti. Gli operatori tradizionali lo «temono»: il suo incremento indica che la volatilità sale e, probabilmente, il calo del listino è dietro l'angolo. Al contrario, gli High frequency trader lo «amano»: attendono che cresca e, con lui, i volumi. Il motivo? È semplice.
Gli investitori attivi sui microsecondi aprono e chiudono migliaia di posizioni, sfruttando le oscillazioni di prezzo (anche le più piccole) degli asset finanziari. Con più volatilità gli scollamenti, giocoforza, aumentano. Se a ciò si aggiunge l'incremento degli scambi il gioco è fatto: «ampie» praterie borsistiche si aprono davanti ai trader super veloci. Per rendersene conto, basta guardare al ritorno degli algo-investitori proprio nel recente passato. La società Tabb ha stimato che, l'8 agosto scorso, i trader super rapidi hanno portato a casa un profitto record: circa 60 milioni di dollari.
Ebbene, in quella stessa giornata si è concretizzata una duplice condizione. Da un lato, il Vix ha raggiunto il suo livello massimo degli ultimi due anni: ha toccato quota 48 quando, solo tre mesi fa, tranquillamente dondolava attorno a 20. Dall'altro, il controvalore degli scambi ha toccato il massimo di 1,9 miliardi. Un ambiente «perfetto» che ha aiutato gli frequency trader nei loro affari. Tanto che, se la Borsa mantenesse le medesime condizioni, gli utili di questi operatori, sempre secondo Tabb, potrebbero raggiungere la cifra di 15 miliardi di dollari in un anno.
Tutti felici e contenti, quindi? Mica tanto. Sempre nella seduta dell'8 agosto, Wall Street ha «mostrato» un lato negativo: il Dow Jones ha perso ben il 5,5 per cento. Non siamo, ovviamente, di fronte ad un altro flash crash in stile 6 maggio 2010. Tuttavia, è innegabile che più il mercato è «instabile» e più il sofwtare diventa re di Borsa. Alla fine: c'è ancora posto per «Vedove e orfani»?
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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