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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2011 alle ore 08:02.

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L'acquisto da parte di Union Bancaire Privée della Abn Amro Bank Switzerland, annunciato ieri, chiarisce ulteriormente l'attuale quadro svizzero. Le banche elvetiche attive nella gestione di patrimoni stanno mettendo a segno, silenziosamente come nello stile della casa, una robusta campagna acquisti. E lo fanno in molti casi in patria, perché la Svizzera, complici la crisi dei debiti e le turbolenze sui mercati, è tornata ad essere una piazza di primo piano per il private banking.

I capitali affluiscono, magari ora anche dai mercati emergenti oltre che dai Paesi sviluppati. Il franco ai massimi crea qualche problema all'export elvetico, è vero, e pure ai conti denominati in euro e in dollari, che ci sono anche in Svizzera e perdono valore nei bilanci. Ma super franco ridà smalto alla piazza elvetica e fornisce potere di acquisto a imprese e banche rossocrociate.

La ginevrina Union Bancaire Privée (Ubp), che non è quotata ed è controllata dalla famiglia de Picciotto, non ha reso noto l'ammontare della transazione. Si sa però che il ramo elvetico dell'olandese Abn Amro gestisce patrimoni pari a 11 miliardi di euro e che con questa acquisizione la Ubp accresce del 20% la massa in gestione. Molto attiva da tempo negli hedge fund, la Ubp era stata lambita dallo scandalo Madoff, ma ne era uscita dichiarandosi apertamente vittima della truffa e rimborsando i clienti. Ridimensionata per forza di cose la presenza nel segmento degli hedge, Ubp ha schiacciato nuovamente l'acceleratore nella gestione di patrimoni. La banca ginevrina ha annunciato recentemente l'espansione sul mercato asiatico, con due joint venture nell'asset management, ed ora attua questa acquisizione.

Ma se, sull'onda di quest'ultima operazione, si guarda a ciò che è accaduto da fine 2009 sino ad oggi in Svizzera, si può individuare meglio il filo della campagna acquisti. La zurighese Vontobel, che ha come azionista l'omonima famiglia ma è quotata, ha acquisito il ramo svizzero della tedesca Commerzbank. La LGT, banca del Liechtenstein che in tema di gestione di patrimoni ha per alcuni aspetti la logica dei vicini elvetici, ha acquisto la filiale svizzera della tedesca Dresdner Bank. La zurighese Julius Bär, anch'essa quotata ed anch'essa partecipata dall'omonima famiglia, è di fatto la terza forza del private banking elvetico - alle spalle dei giganti Ubs e Credit Suisse - ed ha rilevato la filiale rossocrociata dell'olandese Ing.

Se si guarda al Canton Ticino, occorre ricordare tra i vari movimenti l'acquisto del ramo locale di UniCredit da parte di Banca Stato, istituto pubblico cantonale che vuole ampliare le sue attività nel private banking. Quanto alla Bsi, banca ticinese controllata dal gruppo Generali, si era già portata avanti negli anni precedenti, acquisendo prima la Buc dal gruppo Fiat e poi la Gottardo dalla compagnia assicurativa Swiss Life. Acquisti che la Bsi ha attuato a suo tempo per cercare di ottenere la massa critica nel private banking, andando quindi contro corrente rispetto a quanti pronosticavano un possibile ridimensionamento della gestione di patrimoni privati prima in Ticino e poi in Svizzera più in generale.

È vero che per le banche, specie per le piccole e per una parte delle società finanziarie e fiduciarie, le difficoltà sulla piazza elvetica si sono acuite, prima per gli effetti degli scudi fiscali e delle amnistie fiscali europee, poi per l'innalzamento dei costi e la compressione quindi dei margini operativi. Ma è anche vero che chi ha resistito ora può accogliere meglio i nuovi afflussi di capitali, che adesso non sono più necessariamente non dichiarati. I giganti Ubs e Credit Suisse hanno già la massa critica in Svizzera, le banche medie e medio-grandi cercano ora di acquisirla o rafforzarla.

(L.Te.)

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