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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 08:07.

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Una massiccia presa di profitto come non si vedeva dal marzo 2008. Così si può spiegare il pesante calo accusato ieri dall'oro. Uno scrollone in fin dei conti anche ragionevole, alla luce del fatto che le quotazioni del metallo, mettendo in fila un record dietro l'altro, hanno superato nei primi due giorni della settimana la soglia psicologica dei 1.900 dollari l'oncia, toccando ieri perfino quota 1.917 dollari.

I futures sul lingotto al Comex, divisione del Nymex, ieri sono così calati del 5,6 per cento, atterrando a 1.757 dollari l'oncia, mettendo a segno la flessione giornaliera più elevata dal marzo del 2008. In discesa le valutazioni anche a Londra (-5,65%), il cui fixing pomeridiano è sceso a 1.770 dollari l'oncia.
Secondo gli analisti, la decisa flessione è da ricondurre alla decisione, attuata da molti investitori, di realizzare i profitti dopo la sfilza di nuovi massimi messa a segno dal prezioso nel corso delle ultime settimane. Ma a concorrere al ribasso possono essere stati anche altri elementi. Tra questi, c'è pure un fatto più prettamente tecnico. Nelle ultime ore si sono accavallati i rumors di un possibile aumento delle richieste dei margini per operare sui future del Cme, il più grande mercato dei derivati al mondo. Mossa, questa, che seguirebbe a ruota quella effettuata dallo Shanghai Gold Exchange, che ha rialzato i margini su alcuni dei suoi contratti forward per ben due volte nell'ultimo mese nel tentativo di frenare la volatilità sul mercato.

Difficile dire se il ribasso è destinato a continuare. O se la bolla, come sostiene qualcuno, sia scoppiata. Tuttavia, al di là di questa novità il cui effetto ribassista rimane apparentemente contenuto, le dinamiche rialziste appaiono ancora intatte. Bnp Paribas, ad esempio, ha rivisto all'insù le stime sul prezzo medio del lingotto per il 2012, dai precedenti 1.600 ai 2.080 dollari l'oncia. La tendenza rialzista è confermata anche dalla decisione della Banca centrale del Kazakhstan di aumentare le sue riserve auree. Il Paese asiatico intende infatti "opzionare" la sua produzione aurifera domestica,pari a 21,4 tonnellate di oro nei primi sette mesi dell'anno, e rafforzare così un patrimonio aurifero che ammonta a 3,5 miliardi di dollari, che pure è già salito del 14,4% dall'inizio dell'anno e del 48% rispetto a un anno prima.

Non solo. L'appeal del prezioso sul mercato emerge con evidenza anche dalla lettura dei dati di Lyxor, società del gruppo Société Générale, che ha monitorato l'intero mercato degli Etp (Exchange Traded Products, che comprendono Etf, Etc ed Etn) sulle commodity quotati in Europa. Ebbene: la dimensione dei patrimoni investiti in materie prime ha sorpassato per la prima volta la massa esposta sul reddito fisso: 42,8 miliardi di euro contro 41,4 miliardi. Merito, soprattutto, proprio del boom di interesse verso l'asset aurifero. Basti pensare che gli acquisti di Etp che puntano sul metallo prezioso valgono circa il 57% dei flussi totali sui prodotti quotati.

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