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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2011 alle ore 09:19.
FRANCOFORTE - Ne hanno fatta di strada le banche tedesche da quando la crisi è scoppiata nel 2007. Sachsen LB fu tra i primi istituti a essere vittima dello sconquasso finanziario; altri seguirono con grande imbarazzo di tutto il Paese. Oggi il settore in Germania si è rafforzato. Tuttavia, alcune pericolose vulnerabilità sopravvivono. Tra le altre cose le banche pubbliche devono rivedere ancora il loro modello di business.
I risultati dell'ultimo stress-test organizzato dall'Agenzia Bancaria Europea (Eba) hanno mostrato che sforzi per risanare i bilanci sono stati fatti. A parte il caso di Helaba, che ha preferito non partecipare all'esame perché i criteri sulle partecipazioni silenziose (vale a dire senza diritto di voto) l'avrebbero penalizzata, tutte le banche tedesche hanno superato la prova, anche se a dire il vero nessuna ha veramente eccelso.
Parlando recentemente a New York, Andreas Dombret, un membro della Bundesbank, ha notato che negli ultimi tre anni le banche tedesche hanno aumentato di tre punti percentuale la quota del capitale in rapporto alle attività, portandola al 12,6 per cento. «Siamo ben lontani dalla situazione del 2008», quando gli istituti di credito in Germania hanno rischiato il tracollo sulla scia del fallimento di Lehman Brothers.
Gli ultimi risultati però hanno mostrato un quadro in chiaroscuro. Deutsche Bank ha messo a segno profitti netti per 1,8 miliardi di euro nel secondo trimestre, in aumento del 17% annuo, ma proprio questa settimana le banche pubbliche WestLB e Landesbank Baden-Württemberg hanno annunciato (piccoli) utili tra gennaio e giugno. La prima in particolare è sempre oggetto di un'infinita ristrutturazione.
Proprio lo sconquasso debitorio lascia trasparire vulnerabilità. Secondo Handelsblatt, le dodici banche più grandi del Paese hanno un'esposizione ai titoli pubblici di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia pari a 68 miliardi di euro. «Non vi sono fonti di preoccupazione riguardo a casi concreti», ha rassicurato Christopher Pleister, il presidente del SoFFin, il fondo pubblico incaricato di aiutare gli istituti di credito in difficoltà.
Eppure, nota un banchiere d'affari, «l'esposizione in Spagna e in Grecia è molto più elevata di quella nei confronti degli altri Paesi della zona euro ritenuti più deboli». In un rapporto pubblicato in luglio, gli economisti di Goldman Sachs fanno notare che l'esposizione delle banche tedesche nei confronti del debito pubblico degli stati membri più fragili (PIIGS) è pari a oltre il doppio del loro Core Tier 1.
«Il rischio di contagio nasconde enormi conseguenze», avvertono gli analisti della banca americana, anche perché il settore bancario tedesco è cambiato radicalmente in questo ultimo decennio. Per anni è stato chiuso e politicizzato, a causa della presenza dominante delle Landesbanken. Oggi rimane politicizzato, ma è diventato assai più esposto agli avvenimenti europei e internazionali, con tutti i benefici e i pericoli che ne conseguono.
In questo senso, oggi più di ieri, il progetto del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble di imporre ambiziose fusioni nel settore pubblico, per renderlo più efficiente e moderno, rimane d'attualità. Ma forti degli ultimi risultati e dell'intenzione di molte banche di rimborsare almeno in parte gli aiuti statali, le regioni vorrebbero congelare per sempre un'opzione che nel pieno della crisi sembravano costrette ad accettare.
Più in generale, lo sconquasso finanziario sta rivelando come il modello di business delle banche tedesche, in particolare delle casse di risparmio e delle banche pubbliche, vada rivisto. Le garanzie statali non esistono più, la crisi ha bocciato sonoramente gli investimenti controversi nell'immobiliare americano, mondo politico e industria finanziaria devono ormai chiedersi apertamente quale sarà per queste banche la fonte di reddito del futuro.
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