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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2011 alle ore 08:26.
L'agosto 2011, con i suoi micidiali ribassi, verrà ricordato come un mese drammatico per i risparmiatori. Quattro settimane di passione. Eppure è stato a suo modo istruttivo. Ha confermato che un mercato nervosissimo può credere alle voci più disparate. Che possono essere rilanciate da rumors di operatori o anche da ipotesi lanciate dai social network.
Una prova? Mercoledì 10 agosto, nel primo pomeriggio, la Borsa di Parigi è crollata in un attimo sulle voci di un possibile default di Socgen, uno dei grandi gruppi bancari. Il titolo è arrivato a cedere oltre il 20% e le smentite hanno contribuito a limitare leggermente le perdite a -14,74%. Un'enormità. Male anche Crédit Agricole, Axa, Bnp e Natixis. Tempesta in una giornata tranquilla con l'indice Cac40 in aumento dell'1,85 per cento. Alle 14, in pochi minuti, è cambiato tutto. Alle 15,10 il calo superava il 2% peggiorando al 3% dopo l'apertura di Wall Street. Nel mirino c'erano soprattutto i titoli bancari: alle 16 Société Générale perdeva oltre il 20%, un quinto del proprio valore di mercato.
Nei momenti in cui tutto può sembrare verosimile non ci si deve stupire che i Cds (Credit default swap, le assicurazioni contro l'insolvenza) raddoppino a 330 punti. Quando non si capisce, e si vende prima ancora di capire, ogni ipotesi diventa verità. In quel particolare caso il mercato ha "giocato" su tre scenari negativi. L'imminente annuncio di un downgrading di Parigi, dotata di una bella Tripla A. «Queste voci sono totalmente infondate – ha smentito ufficialmente il ministero dell'Economia francese a mercati aperti - e le tre agenzie hanno ribadito che non ci sono rischi di downgrading». C'era anche chi riportava la caduta dei titoli a un nuovo piano di salvataggio della Grecia ai titoli con scadenza 2024, invece del 2020.
Il tam-tam su Twitter rilanciava la prospettiva di un fallimento di SocGen, con successiva nazionalizzazione. Tutto per un articolo del «Mail on Sunday» che dava la banca, in grave crisi di liquidità, «a un passo dal disastro». Sul sito del giornale c'era l'autosmentita da ben due giorni («Riconosciamo che l'informazione era priva di fondamento e presentiamo le nostre scuse») ma il mercato ci lavorava sopra, come se la smentita non esistesse.
Tutto il mese è stato all'insegna di una volatilità penalizzante per il piccolo risparmiatore che non vive con le quotazioni sotto gli occhi. Non può vendere ai primi cenni di caduta, non prende vantaggi dai rimbalzi. Vale per le sedute pesantissime di Fiat, delle utilities e per i quotidiani saliscendi delle banche. Il blocco a tutto settembre dello short selling in alcuni Paesi vuole contenere le punte speculative e frenare gli eccessi. Il mese che si sta per concludere insegna poi che se la debolezza intacca l'area euro non ci sono isole felici. L'infezione può estendersi facilmente, come è accaduto negli ultimi giorni, alla Borsa di Francoforte. Vale a dire alla piazza finanziaria di un'area economica che cammina.
Giovedì Francoforte è crollata improvvisamente del 4%, senza spiegazioni particolari. Certo, vendite chiamano altre vendite, ad esempio quando l'indice scende sotto soglie tecniche (i 5.500 punti del Dax, ad esempio). L'ipotesi di un inasprimento del divieto di vendite allo scoperto sono state smentite ufficialmente. Ma il più era ormai fatto.
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