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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2011 alle ore 08:24.

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TOKYO - Le Borse asiatiche stentano a prendere una direzione precisa per la cautela degli investitori in attesa dei nuovi imminenti dati sull'economia Usa dopo quelli deludenti sulla fiducia dei consumatori, e chiudono su toni moderati il peggior mese dal maggio 2010 (e per alcuni mercati il peggiore dalla crisi globale del 2008).

L'indice NIKKEI 225 della Borsa di Tokyo ha chiuso su livelli stazionari (+0,01%) a 8.955,2 punti, dopo quattro precedenti sessioni al rialzo che l'avevano portato a recuperare in totale il 3,6%. Lo yen continua a rosicchiare terreno sul dollaro sulla soglia di 76,5 e l'attesa è per il lancio del nuovo governo (forse già domani) e il nome del nuovo ministro delle Finanze (il premier Yoshihiko Noda avrebbe ristretto la scelta tra Katsuya Okada e Yoshito Sengoku).

Scarse reazioni ai dati sulla produzione industriale giapponese a luglio, in rialzo (per il quarto mese consecutivo) dello 0,6% (su base ponderata) rispetto a giugno: si conferma il trend di recupero post-terremoto, ma il tasso di incremento è apparso leggermente più modesto delle attese e inferiore al +3,8% del mese precedente. Alcuni analisti ritengono che lo scenario per le esportazioni si stia deteriorando e che forse occorrerà attendere l'inizio del prossimo anno perché la produzione industriale torni ai livelli pre-sisma. Già in pieno rilancio, invece, è il settore delle costruzioni, con un robusto +21,2% in luglio nell'avvio di cantieri per abitazioni rispetto a un anno fa. Gli ordini complessivi ricevuti dalle principali società edilizie sono in crescita del 5,7%. Subito dopo la chiusura della Borsa, è stata annunciata ufficialmente una joint venture nei piccoli e medi schermi a cristalli liquidi tra Toshiba, Sony e Hitachi, con l'appoggio determinante di una società pubblico-privata per la promozione dell'innovazione tecnologica (che avrà il 70% dell'azienda): avrà una quota di circa il 20% del mercato mondiale.

I mercati cinesi,intanto, restano sotto pressione anche per i persistenti timori che il governo possa continuare a irrigidire la sua politica per ridimensionare l'espansione creditizia e frenare le spinte inflazionistiche.

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