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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2011 alle ore 16:11.

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di Daniela Roveda
Una minirivoluzione è esplosa quest'estate nella Silicon Valley mentre il resto del paese era in vacanza. Chi è tornato da due settimane di mare alla fine di agosto ha ritrovato il settore high tech con un volto completamente cambiato: il colosso internet Google è diventato una società manifatturiera; la più grande società di personal computer del mondo, la Hewlett Packard, ha deciso di trasformarsi in una società di software; e infine il gioiello dell'alta tecnologia americana, la Apple, ha perso il leader, Steve Jobs, che l'ha portata da una vetta all'altra trasformandola nell'azienda più ammirata e invidiata del mondo.

È stata Google ad agitare per prima le acque il giorno di Ferragosto. Cogliendo di sorpresa Wall Street, il colosso dei motori di ricerca ha annunciato l'acquisto per 12,5 miliardi di dollari della Motorola Mobility, la divisione di telefoni cellulari e decodificatori per la tv di Motorola. Google non aveva mai fatto un'acquisizione di tali dimensioni; e non era mai uscita dal suo campo di competenze, i servizi su Internet e il software.

Per Larry Page e Sergei Brin, i due cofondatori, si tratta indubbiamente di una mossa rischiosa che comporta l'unione di due culture aziendali completamente diverse e l'ingresso in un settore, quello manifatturiero, in cui non hanno alcuna esperienza. Ma l'investimento rappresenta un salto di qualità nelle aspirazioni di Google, e rivela l'ambizione di emulare la Apple esercitando pieno controllo sia sull'hardware che sul software dei suoi prodotti.

Oggi Google fornisce il software Android a circa la metà di tutti i telefonini in circolazione prodotti da societù terze; domani Google sarà in grado di produrre i suoi telefonini e farli funzionare perfettamente su tutte le sue piattaforme Internet come oggi riesce a fare solo Apple con gli iPhones, gli iPads e iPods.

Se Google ha deciso di entrare nel settore manifatturiero, la Hewlett Packard ha scelto invece di uscirne. Il 18 agosto la più grande produttrice di pc del mondo ha annunciato che non ne produrrà più neanche uno, e rinuncerà anche all'idea di vendere smartphones e tablets, due prodotti su cui era in forte ritardo rispetto alla concorrenza. L'idea di Hp è quella di emulare rivali come la Ibm, che nel corso degli ultimi 15 anni si è trasformata in una società di software e servizi informatici, e avvicinarsi al modello di colossi del software come Oracle e Microsoft.

Il clamoroso voltafaccia, dieci anni dopo la mega acquisizione della Compaq Computer e solo un anno dopo il takeover della società di smartphones Palm, ha sollevato però perplessità a Wall Street e irrequietezza tra i clienti.

Wall Street ha mostrato i suoi dubbi con un'ondata di vendite di azioni Hp, il cui valore di mercato è oggi del 21% inferiore a due settimane fa. Wall Street in realtà ha qualche dubbio anche sull'investimento strategico di Google, le cui quotazioni sono state spinte in basso del 7% nel corso degli ultimi 15 giorni.

Paradossalmente i mercati non si sono agitati invece per la partenza del mitico Steve Jobs dalla guida della Apple e l'arrivo al suo posto di Tim Cook. Le dimissioni di Jobs, da anni malato di una rara forma di cancro al pancreas, erano infatti ampiamente attese e l'avvicendamento al vertice era stato di fatto già attuato durante le sue due lunghe assenze per malattia, quando Cook aveva preso in mano le redini con mano ferma.

Jobs si è contornato di manager brillanti che hanno contribuito alla visione strategica dell'azienda, in questo assicurando il successo della Apple negli anni a venire. Ma Silicon Valley non sarà più la stessa senza di lui: per l'high tech americano un capitolo si è chiuso per sempre.

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