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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2011 alle ore 16:37.

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Italia in crisi e Bpm, le sfide di Draghi per il Ft. Nella foto il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi (AFP PPhoto)Italia in crisi e Bpm, le sfide di Draghi per il Ft. Nella foto il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi (AFP PPhoto)

Il primo test di Mario Draghi come presidente della Banca centrale europea sarà la doppia crisi, finanziaria e politica, dell’Italia. E in queste ultime settimane alla Banca d’Italia “ha l’occasione di dimostrare quel tipo di fermezza che certamente gli servirà a Francoforte” con il caso della Banca Popolare di Milano. Il Financial Times punta i riflettori sulle molteplici sfide che Draghi deve affrontare in Europa e in Italia.

Sul versante europeo, quando il primo novembre succederà a Jean-Claude Trichet alla guida della Bce, Draghi potrebbe essere «più tedesco dei tedeschi» nei confronti del governo italiano. Sul versante italiano, deve risolvere con urgenza il problema Bpm: Via Nazionale vuole un aumento di capitale di 1,2 miliardi di euro e il Ft caldeggia l’ingresso di Matteo Arpe e del suo management.

Verso Francoforte – Draghi ha già svolto un ruolo “significativo” nello stabilire quello che il governo di Silvio Berlusconi doveva ottenere con il suo pacchetto di tagli del deficit, ricorda il Financial Times in un’analisi a quattro mani di Guy Dinmore da Roma e Rapph Atkins da Francoforte.
Il Ft sospende il giudizio sul pacchetto rafforzato ora all’esame del Parlamento, dopo che tre settimane di “prevaricazione” da parte di Berlusconi hanno eroso la credibilità dell’Italia sui mercati. Alcuni analisti – riferisce il quotidiano - dicono che il governo è sulla buona strada per eliminare il deficit nel 2013. Altri pensano che le misure renderanno ancora più stentata la crescita già debole e che la stagnazione e gli alti costi di finanziamento porteranno l’Italia a un possibile default.

Tra i funzionari italiani e i politici dell’opposizione, molti credono che Draghi, quando sarà al timone della Bce, «dovrà adottare un approccio ancora più duro verso l’Italia». Tuttavia, osserva il Ft, «le relazioni tese tra Berlusconi e il suo ministro delle Finanze Giulio Tremonti renderanno il compito molto più difficile», a meno che il governo non crolli, eventualità giudicata dal quotidiano «improbabile al momento».

«Draghi sarà più tedesco dei tedeschi, Non può essere indulgente con l’Italia», dice al Ft un funzionario italiano, il quale però nota anche che Draghi potrebbe trovarsi «nell’impossibile situazione» di dovere aiutare un governo screditato se l’alternativa fosse un default italiano. Un altro insider italiano è convinto che Draghi sarà capace di costruire un approccio comune tra Bce, Germania e Francia.

A Parigi, lunedì, Draghi aveva avvertito l’Italia che il programma della Bce di acquistare titoli italiani non può essere usato per aggirare i principi fondamentali di disciplina di bilancio.
Secondo Lucrezia Reichlin, della London School of Economics, Draghi userà “parole dure” nei confronti di Roma, ma dietro le quinte sarà pragmatico e molto cauto per costruire consenso nel consiglio della Bce.
Thorsten Polleit, economista della Barclays Capital a Francoforte, nota che le decisioni della Bce sono prese a maggioranza ne consiglio della Bce e sottolinea che, dal punto di vista tedesco, la politica di acquisto dei titoli non può andare avanti all’infinito: “E’ una misura d’emergenza e deve finire. Potrebbe toccare a Draghi risolvere la questione”.

A Milano – Paul Bettsin un commento pubblicato oggi sul Ft ricorda che il sistema bancario italiano non è affatto fuori dai guai e attira l’attenzione sul caso della Banca Popolare di Milano. Dopo un’ispezione, la Banca d’Italia ha di recente chiesto con urgenza una ricapitalizzazione da1,2 miliardi di euro, ricorda il Ft. La banca ha affidato a Mediobanca il compito di organizzare un consorzio per raccogliere i fondi.
Un potenziale salvatore potrebbe essere Matteo Arpe, stando a indiscrezioni di stampa. Secondo Betts, Draghi ha ragione di sperare che Arpe si faccia avanti. Dopotutto, nota, se la Banca d’Italia se l’è cavata bene nella crisi finanziaria è in parte grazie ad Arpe: il suo gruppo Sator ha salvato la Banca Profilo dal fallimento quasi tre anni fa.

Il gruppo Sator – sottolinea il Ft - verrebbe in soccorso a Bpm solo se il suo management «testardamente inamovibile» si facesse da parte per fare posto ad Arpe e al suo team. Ma al Foro Ambrosetti di Cernobbio il presidente esecutivo Massimo Ponzellini ha detto che Bpm non ha bisogno di nuovi manager.

«Se l’aumento di capitale di Bpm fallisse, una delle ultime decisioni di Draghi come governatore della Banca d’Italia, a torto o a ragione, potrebbe definire l’intero suo mandato».

Con il resto del sistema bancario italiano che non sembra in grado di organizzare un salvataggio e nessun acquirente straniero all’orizzonte, «la scelta sarà tra Arpe, i suoi soldi e il suo team o una brutta macchia rossa sui libri della Banca d’Italia» proprio quando Draghi, l’Italia e l’Europa ne hanno meno bisogno.

Draghi «ha l’occasione a Milano di dimostrare quel tipo di fermezza che certamente gli servirà a Francoforte», scrive Betts. Nei prossimi giorni, conclude, «dovrà sperare che Ponzellini si persuada che la sua ora è finita e che Arpe non decida di portare i suoi soldi e la sua credibilità altrove. L’alternativa non sarebbe allegra».

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