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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2011 alle ore 19:14.

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Dieci su quaranta. Sono i titoli del Ftse-Mib tornati ai livelli del marzo 2009, quando i mercati avevano raggiunto i minimi dopo il fallimento di Lehman Brothers.
Confrontando i prezzi di Borsa emerge che A2A è scesa a 0,90 euro contro i 0,94 euro dell'11 marzo di due anni fa, Eni è tornata a quei livelli lo scorso 10 agosto ma da allora il titolo ha recuperato l'11,4% portandosi attorno a 13,5 euro. Buzzi e Telecom i minimi li hanno raggiunti lo scorso 6 settembre rispettivamente a 6,06 e 0,77 euro.
Pure Mediaset è scivolata sotto la soglia critica dei 3 euro di allora ai 2,5 di oggi, mentre Finmeccanica vale oggi 4,8 euro contro gli 8,5 euro del 19 marzo 2009.

Tra i finanziari hanno raggiunto i minimi Intesa Sanpaolo (a quota 1 euro contro 1,3) e Banco Popolare (1,1 contro 1,3), mentre li hanno di gran lunga superati Ubi (2,3 contro 5,6) e Fondiaria-Sai (1,3 contro 4,7). Poca cosa, si dirà, rispetto agli altri trenta titoli che compongono l'indice Ftse-Mib, che non a caso si trova ancora a 2mila punti sopra i livelli di due anni fa. Se però si prende come riferimento il rapporto tra il prezzo e l'utile – il cosiddetto P/e, un parametro considerato dagli analisti più affidabile perché tiene conto delle aspettative sulla capacità di generare profitto – il quadro peggiora: in questo caso il bollettino si allunga e comprende titoli come Ansaldo, passato da un p/e di 13 volte al 9 marzo 2009 a un p/e di 9 volte calcolato sugli utili attesi oggi dalla media degli analisti per i prossimi dodici mesi, pari a un calo del 28,5%. E poi Azimut (-1,3%), Monte Paschi (-3,5%), Bpm (-11,1%), Diasorin (-26,6%), Impregilo (-4,2%), Lottomatica (-11,1%), Mediobanca (-5,4%), Mediolanum (-22,8%), Pirelli (-38,2%), Snam (-22,3%) e Terna (-16,3%). Dalla lista escono Fonsai, il Banco, Buzzi e A2A, portando il saldo a 18 società. Quanto basta per portare il FtseMib ai valori di allora, con il p/e sceso a 8,5 volte, poco sopra i livelli del 9 marzo 2009 a 8,2. Che cosa significa tutto questo? Che il mercato è tornato ai minimi raggiunti nel periodo più difficile della crisi finanziaria: «I prezzi – spiega Carlo Aloisio, broker di UniCredit – sono totalmente disallineati rispetto ai fondamentali».

Quando succede gli operatori in genere tornano a fare shopping partendo proprio dalle azioni che hanno un p/e basso, le cui quotazioni, cioè, non rispecchiano le potenzialità di crescita dell'azienda. Una regola d'oro che oggi però si tende a prendere con le pinze a causa dell'elevata volatilità e del nervosismo dei mercati sui timori di una crisi del debito nella zona euro e di un rallentamento dell'economia globale.
Al peggio, insomma, non c'è mai fine, e nonostante il ritorno ai minimi faccia ben sperare in un rimbalzo, la cautela è d'obbligo: «Dopo la decisione della Banca centrale svizzera di frenare la corsa del franco e il recente calo dei prezzi dell'oro – continua Aloisio – attendiamo che si sgonfi la bolla su Bund e Treasury. Se anche queste due variabili dovessero andare nella buona direzione mi aspetto un ritorno della liquidità sull'azionario». Dove in particolare nel breve termine? «Per i finanziari le potenzialità di recupero sono più elevate, mentre gli industriali potrebbero avere più difficoltà nel breve in vista dei risultati del prossimo trimestre, meglio allora puntare sugli energetici».

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