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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2011 alle ore 09:34.

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Non è un declassamento qualsiasi quello che ha colpito l'Italia ieri notte. Il taglio del rating di S&P's dalla A+ alla A è anticipato rispetto a quelle che erano le previsioni del mercato e la tempistica dell'agenzia di rating stessa.

È stato accelerato e incalzato dal deterioramento della situazione politica ed economica del Paese che è precipitata nelle ultime settimane, rendendo sempre meno credibile la capacità dell'Italia di tenere sotto controllo la traiettoria del debito/Pil già al 120 per cento.

Il peggioramento dell'affidabilità creditizia dell'Italia è stato talmente veloce che S&P's non ha avuto il tempo di seguire la procedura alla quale ci ha abituati negli anni, di passare dalle prospettive negative (la minaccia di medio-lungo periodo annunciata lo scorso maggio) al negative credit watch (la procedura che mette sotto osservazione il Paese con la possibilità di una retrocessione entro qualche settimana e massimo tre mesi). L'Italia è stata declassata senza indugi, senza grandi preavvisi.

L'altro aspetto che rende particolarmente grave questo taglio, che è pur di un solo notch quando invece altri Stati europei sono stati retrocessi nella crisi di molti gradini tutti assieme, è la conferma del negative outlook: il cattivo presagio che, continuando lo stallo politico e la stagnazione economica, l'Italia ben presto rischia di arrivare alla temuta "A-", l'ultimo gradino prima della categoria delle "BBB".

Il ministero dell'Economia si è affrettato a comunicare che la decisione di S&P's era scontata: certamente era prevista dall'outlook negativo ma la tempistica del taglio anticipato, nel contesto dell'escalation della crisi greca dopo l'inconcludente Ecofin informale di Breslavia, comunque desta maggiori preoccupazioni e accentua le tensioni e i timori dei mercati sulla crisi del debito sovrano dell'eurozona perifeica.

Così, nel risvegliarsi sotto una doccia fredda, i mercati hanno reagito con le Borse in netto calo, trainate dai titoli bancari, e l'allargamento dello spread tra i BTp e i Bund, salito a quota 395 prima ancora dell'apertura ufficiale dei mercati mentre il rendimento del BTp a dieci anni sobbalzava dal 5,60% della chiusura di lunedì a 5,71% e quello del Bund calava da 1,79% a 1,76%: e questo solo nel pre-market. Ora gli occhi restano puntati sulla Bce, chiamata oggi ad acquistare massicciamente i BTp per tenerli lontani dalla soglia psicologica del tasso al 6 per cento.

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