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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2011 alle ore 07:37.

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WASHINGTON - No, questa volta non è stato possibile mettere l'Italia fra parentesi, anche se Washington è dall'altra parte dell'Atlantico. Del nostro Paese si è parlato eccome, nella cena di ministri e governatori del G-20 che si è tenuta ieri sera, al termine di una giornata di passione sui mercati finanziari, interamente dominata dai timori di una nuova recessione internazionale. Una giornata talmente drammatica da convincere i ministri di mezzo mondo a provare a stendere, nella notte, un comunicato congiunto, cercando di ritrovare lo spirito del G-20 di Londra 2009.

L'alto debito pubblico italiano, le sue crescenti difficoltà sul versante dello sviluppo e il suo ridotto merito di credito (per effetto della bocciatura di Standard &Poor's) sono stati messi sotto attenta osservazione, pur all'interno di un contesto in cui i timori che il motore della crescita si inceppi sono ampiamente condivisi a livello globale.

È ormai chiarissimo, infatti, con la Bce che anche ieri è dovuta intervenire per riportare sotto la fatidica quota dei 400 punti base lo spread italiano con i bund tedeschi e per sostituirsi a un'attività del mercato interbancario completamente inaridita dall'incertezza e dalla mancanza di fiducia, che il destino economico del nostro Paese influisce e non poco sul destino dell'intera Eurolandia. Anche per questo motivo, ieri, il commmissario Ue per gli affari economici,Olli Rehn, ha tenuto a sottolineare che «L'Italia ha adottato misure importanti» per gestire la crisi. Rehn ha peraltro insistito sul fatto che «l'instabilitá finanziaria sta però avendo un impatto negativo, al di lá delle condizioni dell'economia reale». Infine, Rehn ha fornito una rassicurazione in verità ben poco tranquillizzante: «Non mi aspetto - ha dichiarato - che l'Italia abbia bisogno di prestiti di emergenza della Ue e del Fondo monetario».

Alla cena del G-20 hanno partecipato tanto il governatore della Banca d'Italia e futuro presidente della Bce, Mario Draghi, quanto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che per essere presente qui a Washington, dov'è arrivato con il volo di linea della United Airlines che parte da Roma alle 11 del mattino, si è dovuto assentare dal Consiglio dei ministri, dove si discuteva la nota di aggiornamento del Def, oltre che dalla votazione parlamentare sul caso Milanese.

Nel nuovo documento macroeconomico italiano si prende atto del rabbuiamento dell'orizzonte della crescita, anche se lo 0,6% di incremento del Pil stimato per il 2012 (pur rappresentando un dimezzamento rispetto al precedente +1,3%) rischia di essere ottimistico rispetto a ciò che prevede il Fondo monetario (+0,3%) o a ciò che stima Standard & Poor's nella sua decisione di declassamento del nostro debito (-0,6%). Anche sul terreno fiscale, del resto, le previsioni presentate dal Governo italiano non collimano con quelle del Fondo monetario, visto che secondo l'organismo di Washington invece che 0,1% il deficit nel 2013 sarà intorno all'1,1 per cento: mancherebbero all'appello, secondo gli esperti del Fondo, circa 16 miliardi, cifra che corrisponde alla copertura, ancora da 'implementare' per la delega fiscale e assistenziale.

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