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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 08:21.

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Il presidente della Commissione europea ha respinto ieri l'idea di un Governo economico, proposta da Parigi e Berlino. In un contesto in cui l'influenza degli Stati sta avendo il sopravvento nella gestione dell'Unione, José Manuel Barroso ha rilanciato il metodo comunitario, annunciando nuove iniziative per rafforzare l'integrazione nella zona euro.

«La Commissione - ha affermato Barroso davanti al Parlamento europeo a Strasburgo - è il Governo economico dell'Unione, per questo non abbiamo assolutamente bisogno di nuove istituzioni». E ha precisato: «Abbiamo bisogno più che in qualsiasi altro momento dell'autorità indipendente della Commissione. Da soli i Governi non possono farcela». In un discorso sullo Stato dell'Unione dai toni accorati, giunto mentre è accusato da molti deputati di essere al soldo dei Governi, Barroso ha voluto presentare alcune proposte concrete pur di dare un senso al suo appello in un momento drammatico per il futuro della zona euro.

Prima di tutto ha confermato la proposta di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie.L'obiettivo è di imporre un'imposta sull'85% delle transazioni effettuate sui mercati finanziari. Saranno esclusi i contratti sul mercato primario. Non è la prima volta che l'esecutivo comunitario si lancia in questa direzione: una proposta simile si è arenata nel 2010. Ieri Londra ha già espresso la sua opposizione.
In secondo luogo, il presidente della Commissione ha ribadito che le autorità comunitarie presenteranno a breve un rapporto sulle varie strade da percorrere per creare obbligazioni europee. Sul fronte della crisi debitoria, Barroso ha esortato ad anticipare l'entrata in vigore del fondo di stabilità Esm, che dovrebbe sostituire l'Efsf nel 2013.
Più in generale, l'ex premier portoghese ha spiegato che è necessaria una maggiore integrazione tra i Paesi della zona euro, anche attraverso un'eventuale modifica dei trattati, utilizzando come base d'appoggio la riforma del patto di stabilità che ieri il Parlamento ha approvato e che permetterà di comminare sanzioni più rapide e incisive.

Il pacchetto di provvedimenti, che verrà ratificato dall'Ecofin martedì, prevede un attento monitoraggio dei conti pubblici e della spesa statale, un procedimento sanzionatorio anche per i Paesi in debito eccessivo, un'analisi degli squilibri finanziari e la possibilità per i deputati di invitare ministri delle finanze nazionali a spiegarsi in aula.
In questo contesto, il presidente della Commissione ha preannunciato la presentazione di «una proposta che dia un quadro coerente, tale da rafforzare l'integrazione e il coordinamento economico, soprattutto nella zona euro». Barroso vuole approfittare di una norma dei trattati che permette di legiferare a livello di unione monetaria.

Parlando successivamente a colazione con un gruppo di giornalisti, l'ex primo ministro portoghese ha detto di sperare che «gli Stati si assumano le proprie responsabilità» in un momento delicatissimo per il futuro dell'unione monetaria. E ha avvertito con toni drammatici che senza un rafforzamento della commissione e quindi del metodo comunitario il rischio è di assistere a «una frammentazione della zona euro». Barroso si è anche detto ferito dal «paternalismo» con cui gli Stati Uniti danno suggerimenti ai Paesi della zona euro mentre proprio ieri il presidente americano Barack Obama ha ripetuto che l'Europa non sta agendo «in modo efficace».

Il presidente della Commissione, nel discorso al Parlamento, ha fatto capire che bisognerebbe abolire l'obbligo dell'unanimità, ricordando che al Fondo monetario internazionale le decisioni vengono adottate con l'85% dei voti. Stretto tra i Governi nazionali, che con la crisi hanno rafforzato il proprio ruolo, e il Parlamento europeo, critico dell'operato della Commissione, ieri Barroso ha fatto del suo meglio per riprendere l'iniziativa. Il discorso è piaciuto a molti deputati. Ora è da capire se le promesse potranno trasformarsi in realtà e se i Paesi sono pronti ad accettare una riduzione della loro sovranità.

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