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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 08:21.
di Alessandro Merli
L'approvazione dei nuovi poteri e delle nuove risorse del fondo europeo salva-Stati Efsf ha fatto ieri un modesto passo avanti, con la ratifica da parte della piccola ma ostica Finlandia, ma l'ostacolo decisivo dovrà superarlo oggi con il voto del Bundestag, il Parlamento tedesco. E rischia di rivelarsi un voto più importante per il futuro politico del Governo Merkel, la cui maggioranza si sta assottigliando sulla questione europea, che non per l'Efsf stesso, dato che questo dovrebbe ottenere il sì anche dei partiti di opposizione.
La pratica del Parlamento finlandese è stata sbrigata con maggior facilità di quanto non si prevedesse qualche settimana fa, anche se l'Efsf ha avuto il sì di soli 103 deputati su 200 (con 66 no e 31 astenuti o assenti). Resta aperta per Helsinki la questione del collaterale che il Governo ha chiesto ad Atene in garanzia del suo appoggio al secondo pacchetto di aiuti, ma la posizione finlandese appare ora meno stridente e la discussione è scesa a livello tecnico. Fra i piccoli dell'Eurozona che sposano la linea più dura, resta ora da superare lo scetticismo della Slovacchia, che sarà l'ultima a votare, il 25 ottobre, la ratifica del nuovo Efsf uscito dal Consiglio europeo del 21 luglio, e dove per ora il quadro politico resta spaccato.
Tutte le attenzioni sono però ora sulla Germania, dove nella mattinata di domani il Bundestag dovrà votare sulle misure per l'Efsf, avendo il Governo prudentemente rinviato la decisione sul secondo pacchetto Grecia, che in origine doveva essere approvato congiuntamente, alle prossime settimane. Il cancelliere Angela Merkel è anzi tornata ieri sul fatto che si debba attendere la valutazione dei tecnici della troika (Commissione europea, Bce e Fondo monetario, che tornano oggi ad Atene) per vedere se questo vada rinegoziato. In Germania e negli altri Paesi della linea del rigore è forte la pressione perché il "buco" creato nel programma dalla recessione e dai risultati inferiori alle attese dell'azione di Atene sia colmato scaricando maggiori perdite sui creditori privati.
Ma per ora il nodo è l'Efsf e le possibili ripercussioni del voto di oggi sullo scenario della politica tedesca. «Il mondo guarda questo voto», ha detto il cancelliere martedì a una riunione dei parlamentari del suo partito nella quale non avrebbe tra l'altro escluso la possibilità di un default della Grecia. La coalizione di democristiani e liberaldemocratici che sostiene la signora Merkel conta su una maggioranza di 19 seggi. La fronda interna sfiora questa cifra ed è composta in parte da irriducibili oppositori di ogni ulteriore uso di soldi dei contribuenti tedeschi. Il contributo della Germania al nuovo Efsf sale da 123 a 211 miliardi di euro, su un totale di 440. Altri sono deputati che il Governo spera di convincere, facendo leva sulla lealtà di partito e sul rischio che il passaggio dell'Efsf con l'appoggio di socialdemocratici e verdi, ma senza una maggioranza assoluta attribuibile alla coalizione, la cosiddetta "maggioranza del cancelliere", infligga un colpo durissimo alla credibilità della signora Merkel, già intaccata dalla sua incerta gestione della crisi, e alla sopravvivenza del Governo.
Le conseguenze insomma sarebbero più politiche che pratiche, ma non per questo di minor rilievo per i mercati finanziari. Un Governo tedesco fatalmente indebolito, se non addirittura costretto a indire nuove elezioni in tempi brevi (magari dopo un voto negativo sul secondo pacchetto greco o quello, previsto all'inizio del 2012, sulla creazione del meccanismo permanente Esm che sostituirà l'Efsf) sarebbe un'ulteriore causa di profonda instabilità.
Intanto, le cifre diffuse ieri sull'inflazione tedesca di settembre (2,8% su base armonizzata), al livello più alto dal settembre del 2008, e in rialzo rispetto ad agosto, hanno un po' rimescolato le carte sulle aspettative di quello che farà la Banca centrale europea il 6 ottobre. I mercati sembravano finora scontare un taglio dei tassi d'interesse di 50 punti base, con un'inversione dei due rialzi decretati ad aprile e giugno. I dati di ieri rafforzeranno il fronte dei "falchi" anti-inflazione per non toccare i tassi, anche se tutti i dati provenienti dall'economia reale puntano in direzione di una stagnazione, se non di una recessione, a fine anno.
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