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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 06:45.

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Sul mercato dell'oro si va rafforzando l'ipotesi che a provocare la recente caduta dei prezzi siano state le affannose liquidazioni di hedge funds costretti a fronteggiare numerosi riscatti: proprio ieri il gigante Man Group ha rivelato di averne subìti per 2,6 miliardi di dollari nel trimestre che sta per chiudersi.
La domanda di lingotti – almeno in Asia – sembra in realtà addirittura accelerata dopo che l'oro ha perso in in tre giorni di circa il 10% del valore. In India il premio, ossia il sovrappiù di prezzo dei lingotti rispetto alle quotazioni spot del metallo, ha superato 2 dollari l'oncia per la prima volta da oltre un anno. A Hong Kong è arrivato a 3 $, il doppio rispetto a una settimana fa e il massimo da febbraio. Gli stock disponibili a quanto pare sono limitati e per trovare oro da fondere in nuovi lingotti bisogna competere con i gioiellieri dell'area.
A onor del vero, è un po' rallentata la vendita di monete d'oro negli Stati Uniti: la Us Mint in settembre ha finora venduto American Eagles per 75mila once, contro le 112mila once di agosto. Ma gli Etf sull'oro fisico stanno reggendo più che bene, anche negli Usa. Gli ultimi dati disponibili, che arrivano a martedì, indicano che da giovedì, quando è partito il crollo dei prezzi, i lingotti accantonati dai principali Etf sono diminuiti di meno dell'1 per cento. L'Spdr Gold Trust, in più grande del mondo, è sceso dello 0,8%, a 39,9 milioni di once. Il che tra l'altro sembrerebbe smentire il rumor secondo cui tra gli hedge funds impegnati a liquidare oro ci sarebbe quello di John Paulson, che al 30 giugno era il maggiore investitore nell'Spdr Gold Trust, con il 7,6% delle quote.
Del resto, non si può ancora parlare di fuga dall'oro nemmeno sui mercati finanziari: nonostante le forti vendite, il numero totale di posizioni aperte al Comex è diminuito di appena il 2% da giovedì. E per le opzioni proprio venerdì scorso ha raggiunto un record.
Le voci che indicavano vendite di riserve auree da parte di una banca centrale dell'Europa Orientale, intanto, non hanno trovato conferma. Le statistiche diffuse ieri dal Fondo monetario internazionale, riferite però ad agosto e non a settembre, rivelano che il settore ufficiale ha continuato in realtà soprattutto ad acquistare (l'hanno fatto Russia, Thailandia, Bolivia e, in misura minore, Tajikistan e Grecia). Chi ha ceduto riserve auree l'ha fatto in quantità modeste: la vendita più rilevante, effettuata dalla Bielorussia, ammontava a 16mila once, il Messico ne ha cedute 600, Repubblica Ceca, Mongolia e Uruguay ancora meno.
Dopo il rimbalzo di martedì, intanto, l'oro ieri ha ripreso a perdere quota: al Comex ha chiuso a 1616,30 $/oz (-2,1%). Peggio sta andando ad altri metalli preziosi, con ampi impieghi industriali. Il platino, il cui prezzo in agosto era sceso sotto quello dell'oro per la prima volta dal 2008, ieri è arrivato a costare oltre 100 $ meno del metallo giallo: una cosa che non succedeva da vent'anni.
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