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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 06:44.

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MILANO - Si riapre il risiko delle tlc. E al centro dei rumors torna a tenere banco il futuro di 3 Italia. Che cinque compagnie telefoniche (Telecom Italia, Vodafone, Wind, Tiscali e, appunto, 3 Italia) siano troppe per il mercato italiano è ormai assodato. Soprattutto dopo l'assegnazione delle frequenze 4G di telefonia mobile, nel mondo delle telecomunicazioni c'è un gran fermento. Ed ecco che, come un fiume carsico, periodicamente riaffiora l'idea di una vendita di 3 Italia.

Una strada che lo stesso tycoon asiatico Li Ka Shing, proprietario di 3, ha già tentato anni addietro, ma senza successo. E anche ora, secondo indiscrezioni, il magnate di Hong Kong non sarebbe disposto ad abbandonare l'Italia per meno di 5 miliardi di euro. Ciò non toglie che la compagnia dei videofonini guidata da Vincenzo Novari rimanga un'incognita nel panorama dei big nazionali: è l'eterna candidata sposa che finora non si è accasata. E le banche d'affari scommettono che intorno all'azienda posseduta da Hutchison Whampoa si concentrerà il prossimo riassetto delle telecomunicazioni.

Di 3 italia fanno gola le perdite: una «bara fiscale» di cui un eventuale compratore potrebbe beneficiare. Nata nel 2002, 3 Italia per dieci anni non ha chiuso un bilancio in utile (il primo è stato l'anno scorso per 150 milioni): le perdite accumulate superano gli 8,5 miliardi. E poi, ovviamente, un compratore si prenderebbe il marchio e il parco-clienti annesso. Ora che, inoltre, la società si è aggiudicata le frequenze 4G alla mera operazione finanziaria si aggiunge anche un interesse industriale, vista la crescente fame di banda delle compagnie.

Resta da capire con quali tempi e come avverrà il riassetto. E chi potrebbe candidarsi a pretendente di 3? Il nome che tra le banche d'affari circola con più insistenza è quello di Telecom Italia: un'operazione di difficile realizzazione che già anni fa era stata esaminata, all'epoca coinvolgendo anche Wind, e poi rimessa nel cassetto. Contatta a proposito, Telecom ha smentito ogni ipotesi in tal senso. Alla finestra starebbe la stessa Wind, interessata a capire il destino di un concorrente come 3 Italia. Passata sotto le insegne della russa Vimpelcom, la compagnia si vuole porre come polo aggregante in un mercato che va consolidandosi, ma deve fare i conti con un indebitamento consolidato (circa 27 miliardi di dollari) che potrebbe impedire a Wind un affondo su altri operatori nell'immediato.

Rimangono interrogativi sul futuro di Fastweb, anch'essa al centro di speculazioni e rumors, ma dalla quale gli svizzeri di Swisscom (almeno per ora) non sembrano intenzionati a uscire. Per questo molti si chiedono se, alla fine, sarà appunto Telecom Italia a promuovere il consolidamento. Qualcosa si starebbe muovendo da alcune settimane: nulla di concreto, ma semplici pour parler delle banche che propongono i loro dossier. Da una parte si fanno i nomi di Mediobanca e Intesa Sanpaolo, anche se al momento non c'è alcun mandato ufficiale, dall'altra in modo altrettanto riservato, Merrill Lynch e Goldman Sachs, per conto dell'azionista Hutchison Wampoa.

In ogni caso, un'ipotetica operazione ha diversi nodi da sciogliere, a partire dal prezzo in quanto c'è un'ampia forbice tra quanto sarebbe disposta a offrire Telecom Italia per comprare 3 Italia e quanto, al contrario, vorrebbe Hutchison Whampoa. Per Li Ka Shing, uno degli uomini più ricchi del mondo, l'avventura nel Belpaese è costata un'enormità: i numerosi anni di bilanci in rosso hanno costretto l'azionista asiatico a riaprire più volte il portafoglio (4,4 miliardi nei soli ultimi tre ani). Nel 2007, quando 3 Italia tentò, senza successo, la quotazione a Piazza Affari, la valutazione che circolava per il gruppo tra gli analisti era di 7-8 miliardi di euro. Oggi siamo a valori molto più bassi, ma sembra che Hutchison Wampoa non sia disposta a svendere (tanto più ora che la società non perde più soldi).

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