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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2011 alle ore 08:08.

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NEW YORK. Ben Bernanke ha cercato di rassicurare: l'operazione Twist funziona, i tassi di interesse a lunga continueranno a scendere fino «ad altri 20 punti base», e questo aiuterà le prospettive di investimento, ma la politica monetaria da sola non basta. «L'economia resta debole, nella prima metà dell'anno la performance è stata al di sotto delle aspettative. Per la seconda metà andrà meglio ma restiamo sempre pervasi da debolezza». Bernanke lo ripete da almeno due mesi.

Ha perciò implorato i suoi interlocutori della commissione Bicamerale in Congresso di superare le loro differenze di parte e di passare un progetto di stimoli fiscali per il rilancio dell'economia. «La politica monetaria da sola non ce la farà - ha detto ancora – occorre anche sostenere il settore immobiliare, il mercato del lavoro». Bernanke schierato con Barack Obama e il suo piano di stimoli per il mercato del lavoro. Ma la risposta ha freddato il presidente della Fed: «Il progetto per il rilancio del lavoro di Obama è morto», ha detto Eric Cantor il capo della maggioranza alla Camera.

Bernanke ha anche cercato di rassicurare sul fronte finanziario/bancario: la Banca centrale ha fatto due conti e l'esposizione delle banche americane al debito europeo è molto contenuta, «se ci sarà bisogno interverremo», ha detto. Ha poi aggiunto un'osservazione sgradevole: «Per ciò che riguarda il problema europeo siamo osservatori innocenti». Innocenti? Bernanke rispolvera la tesi americana secondo cui le difficoltà economiche di oggi in America dipendono dal pericolo di contagio in Europa. Pensiero non condiviso dal mercato. Uno dei problemi riguarda la solidità del sistema bancario internazionale. E le banche americane non sono escluse, da Bank of America a Morgan Stanley fino a Goldman Sachs, le grandi istituzioni finanziarie americane si trovano di nuovo nell'occhio del ciclone, e non per i debiti europei, ma perché hanno usato il danaro a buon mercato della Fed per prendere posizioni su prodotti derivati azionari all'estero, posizioni che oggi costano carissime.

Alla fine il mercato ha concluso che i guai non saranno superati da una lieve diminuzione dei tassi a lunga. E le promesse di un nuovo possibile intervento accomodante, ad esempio un quantitative easing 3, non bastano. Bernanke ha anche attaccato la Cina. Non si è spinto a incoraggiare il Congresso a passare la mozione protezionista già approvata al Senato lunedì, ma ha chiarito che la politica valutaria della Cina «potrebbe danneggiare la ripresa globale visto che lo yuan resta sottovalutato». Il presidente della Fed si è anche dovuto occupare degli "indignados" americani, della protesta che da OccupyWallStreet si sta allargando a macchia d'olio in molte grandi metropoli americane.

Avendo capito che il problema è esplosivo, e avendo capito quanto abbia sbagliato il dipartimento della polizia di New York a fare arresti in massa sabato, il governatore ha cercato di gettare acqua sul fuoco, addirittura offrendo comprensione per l'agitazione contro il settore finanziario: «In generale, c'è malcontento per l'economia - ha detto Bernanke – i dimostranti attribuiscono, in parte non a torto, la responsabilità dei problemi economici al settore finanziario, che ci ha portati allo stallo in cui ci troviamo e non sono contenti di come si risponde alla crisi». Del resto, dice Bernanke, con un tasso di disoccupazione al 9% e una crescita molto debole, «la situazione non è molto positiva». Abilmente Bernanke ha rigirato la frittata per tornare all'attacco dei politici: la vera ragione della protesta riguarda la crisi dell'economia e dell'occupazione, come dire, fate qualcosa sul piano fiscale se no la colpa alla fine non sarà solo della finanza egoista e selvaggia, ma anche vostra, di voi politici immobilisti a Washington.

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