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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2011 alle ore 12:28.

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(Afp)(Afp)

Steve Jobs è da tempo una leggenda, ma è diventato un'icona planetaria da quando i suoi iPod, iPhone, iPad sono entrati nelle tasche di milioni di consumatori soddisfatti. Però il genio di Cupertino – che fino a pochi mesi fa si faceva ancora pagare un simbolico dollaro all'anno, stock options a parte – non ha fatto felici solo i consumatori del mondo, ma anche gli investitori. Chi avesse comprato mille dollari di azioni Apple nel 2002, all'indomani del primo iPod, oggi si troverebbe con 378mila dollari.

È l'altro segno inequivocabile della leggenda. In borsa, la Apple valeva 5 miliardi alla fine del 2000, quando ormai Jobs – tornato alle redini dell'azienda nel 1996, dopo la celebre cacciata – l'aveva già salvata dal fallimento. Alla chiusura di ieri valeva 378,25 dollari per azione, ovvero 350 miliardi di dollari e spiccioli. Solo un po' meno della ExxonMobil che negli ultimi giorni è tornata regina di Borsa, dopo che la Apple – con Jobs ancora vivo per rallegrarsene – l'aveva brevemente scavalcata sul podio di prima società al mondo per capitalizzazione.

Ovviamente, tutti si chiedono cosa accadrà da oggi in poi. Per il breve periodo, la Apple ha già pronto il disegno dei prossimi prodotti, incluso quell'iPhone 5 che tutti si aspettavano e non si è materializzato e il prossimo iPad. E, d'altro canto, il mercato stava già largamente scontando l'addio inevitabile del leader («il più grande manager degli ultimi 25 anni», lo ha definito ieri Eric Schmidt, presidente di Google) dopo il passaggio del testimone a Tim Cook. E invece, anche nelle scorse settimane di turbolenza finanziaria, non solo il titolo ha retto bene, ma più di un analista ripeteva che la Apple è – a conti fatti – sottovalutata. Il rapporto prezzo/utili è di 14,9. Ma scende intorno a 8 se si tiene conto delle stime sui profitti 2012.

Non c'è nessun motivo di ritenere che la cornucopia di utili record macinati negli ultimi 14 trimestri, si prosciughi all'improvviso. L'impronta del genio Steve Jobs è stampata anche nel bilancio della Apple: un'azienda senza un centesimo di debiti e 28,4 miliardi di dollari in cassa. Nonostante la parziale delusione dell'iPhone 4S presentato due giorni fa (che comunque regala un altro piccolo passo verso la fantascienza, con l'arrivo dell'assistente vocale), i sondaggi di mercato sui progetti di acquisto dei consumatori parlano ancora di un interesse alle stelle. E senza dimenticare gli Apple Store, ormai arrivati a sfiorare quota 380 a livello planetario, che continuano ad attirare fatturato e (come dimostra il clamoroso caso delle finte repliche apparse in Cina) l'attenzione del mercato.

In altre parole, se Steve Jobs fosse ancora lì al suo posto, la Apple non sarebbe lì a contendere il podio della capitalizzazione con ExxonMobil: varrebbe molto di più. A fine agosto, quando Jobs ha abbandonato l'incarico di Ceo – senza lasciare più troppe speranze su una sua guarigione – la maggior parte degli analisti puntavano comunque su un target price di 500 dollari. Figuratevi se l'uomo che ha fondato la Apple per due volte, fosse in salute e al suo posto.

Certo, nel medio e nel lungo periodo le cose si fanno inevitabilmente più incerte. Di sicuro, la lunga malattia ha lasciato il tempo a Jobs e alla sua squadra di preparare la successione e di stampare a ferro e fuoco le linee guida della Apple di domani. Ma ci sono certe cose, molto immateriali, che non si possono tramandare. Un esempio? Quando la casa di Cupertino raggiunse un accordo, prima con le case discografiche, poi con gli studios di Hollywood, per mettere musica e film su iTunes – facendo poi della Apple la regina della distribuzione digitale – Jobs fece pesare tutto il suo carisma. «Nessun altro ci sarebbe mai riuscito», dichiarò a tempi il numero uno di una major discografica.

Anche senza Jobs, ben difficilmente la Apple perderà lustro nel breve periodo, tanto agli occhi dei consumatori che degli investitori. Ma nel lungo, l'assenza del visionario che ha rivoluzionato il mondo della tecnologia, del marketing, ma anche dalla finanza, non potrà non farsi sentire.

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