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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2011 alle ore 07:37.

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La delusione per l'ostinata resistenza della Bce a tagliare i tassi è durata poco e non ha prodotto vistosi ripensamenti sui mercati. I quali del resto si sono sentiti appagati dalle successive parole di Jean-Claude Trichet, quando il presidente ha annunciato l'intenzione di acquistare i covered bond bancari per 40 miliardi: la versione del quantitative easing di una Bce che ragiona in perfetto tedesco. Dalla reazione delle Borse (+3,2% lo Stoxx euro), si direbbe che il contentino sia giunto più gradito di un taglio dei tassi, i quali restano invece fissati all'1,5%.

Eppure Trichet ha messo una discreta enfasi sui rischi di un forte rallentamento produttivo. E proprio nel giorno in cui sono stati annunciati ordini alle industrie tedesche in calo dell'1,4% (il consenso indicava una dato invariato), è stato rivisto al ribasso (a 48,8) l'indice Pmi dei servizi dell'area euro, facendo crescere le preoccupazioni di una recessione: tiepida, forse, in Germania e Francia, più decisa in Italia dove l'indice Pmi servizi è caduto a 45,8, ben sotto la soglia dei 50 punti che delimita la crescita dalla contrazione.

Così la Bce rimane l'unica banca centrale al mondo che, davanti alla seria prospettiva di un rallentamento economico, si preoccupa di un'inflazione sopra il 2% e tiene i tassi all'1,5%, avendoli alzati di 25 centesimi ad aprile e a luglio. A parte la Fed, che in tema di politica monetaria è assai di manica larga anche in virtù di un diverso mandato, c'è la vicina Bank of England che proprio ieri ha annunciato un quantitative easing per altri 75 miliardi di sterline (86 miliardi di €), mantenendo allo 0,5% il tasso, con un'inflazione sopra il 5%. Per inciso, il Footsie di Londra è salito del 3,7%, in linea con le Borse italiana e francese.

Il sospetto che i mercati azionari si stiano muovendo per motivi che poco hanno a che fare con la politica monetaria è assai forte. E non solo quelli azionari, ma pure i bond societari, i titoli di Stato, le materie prime, in una singolare perfetta correlazione, quasi che d'improvviso si fosse ritrovata la voglia del rischio. In sole due sedute, lo Stoxx è balzato di quasi il 6% (+10% il settore bancario area euro) e, in tre sedute, l'S&P è salito del 5,2%. Quali siano i motivi di questa apparente inversione non è affatto chiaro. Quelli dichiarati dagli operatori sarebbero una maggior decisione della Bce e delle autorità politiche europee nel risolvere la crisi dei debiti sovrani. Ma oltre a vaghe affermazioni sulla possibilità di ricapitalizzare le banche e contraddittorie proposte sull'uso del fondo Efsf, non s'è vista alcuna misura concreta.

Curiosamente questo dibattito, che si trascina da mesi angosciando tutti i mercati finanziari, sarebbe diventato da due o tre giorni motivo di ottimismo: al punto che anche i rendimenti dei decennali americani e tedeschi sono risaliti di quasi 25 centesimi, il petrolio è balzato di 7 $ e pure l'euro s'è risollevato. E, negli Usa non si parla più di recessione e già sta montando la convinzione che Wall Street abbia ormai visto i minimi dell'anno. Sulle Borse europee l'ottimismo s'è concentrato sui titoli bancari: ieri si sono visti forti ordini di acquisto sul comparto bancario dello Stoxx euro attraverso opzioni call, scadenza dicembre, al prezzo di 115: un 7% più alto della chiusura di ieri.

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