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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2011 alle ore 15:30.

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È stata salvata già una volta, a fine 2008, con un'iniezione di denaro pubblico per 5 miliardi e la nazionalizzazione di fatto da parte di Francia e Belgio, ma il miracolo non poteva ripetersi due volte. Ora per Dexia siamo alla capitolazione definitiva con la necessità di isolare gli asset tossici in una bad bank, pena il contagio alle attività "sane", quelle di credito commerciale della banca franco-belga. Un epilogo inevitabile o si poteva in qualche modo evitare? Forse è stato fatto poco. Poco fin dall'inizio.

Perché il virus che ha portato allo smembramento della banca era già annidato lì fin dal primo salvataggio. E i guai stavano tutti, fin dal lontano 2008, nel portafoglio legacy della banca. Cosa c'era lì dentro e cosa c'è soprattutto tuttora? Una montagna immensa di titoli pubblici e governativi (tra cui ovviamente anche i 4,8 miliardi di bond greci), ma anche di vecchi subprime ereditati dalla crisi Lehman e di obbligazioni senza rating del valore di 95 miliardi. Certo la banca ha provato a diminuirne il peso ma evidentemente non a sufficienza. Quel portafoglio pieno di titoli tossici valeva addirittura 125 miliardi a fine giugno del 2010. Una corsa contro il tempo ma l'eredità della finanza speculativa era un fardello troppo pesante da portare. Basti pensare che quei 95 miliardi sono quasi un quinto del totale dell'attivo della banca franco-belga pari a 518 miliardi.

Troppi per poterne reggere il peso. E le prime crepe si sono viste non più tardi di due mesi fa con quella perdita semestrale monstre da 4 miliardi tutta derivante dalle svalutazioni sul portafoglio legacy. Lì si è capito che il destino amaro di Dexia era tracciato. Perché come spiega Goldman Sachs ci sono ancora 8,3 miliardi di perdite da conteggiare nel portafoglio delle attività in vendita. Ovvio che si finisce per mangiarsi buona parte di quei 14 miliardi di capitale della banca. Troppo pochi anche questi per reggere il peso di un colosso da 500 miliardi. E ritorna il tema antico e mai risolto dell'eccesso di leva. Con sproporzioni così ampie, basta un nulla per scuotere le fondamenta dell'intera costruzione. E quel nulla è arrivato. Puntuale, a ricordare che la crisi Lehman ha insegnato ben poco a più di un banchiere.

fabio.pavesi@ilsole24ore.com

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