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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2011 alle ore 09:50.

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Niente leverage, siamo europei. Potrebbe essere il titolo di una commedia, se non ci fosse il rischio che la crisi del debito sovrano nell'Eurozona si trasformi in tragedia.

Con l'obiettivo di «aumentare la potenza di fuoco» del fondo salva-Stati europeo Efsf, le autorità si stanno scervellando su come farlo, avendo promesso una soluzione entro il vertice del G-20 a Cannes ai primi di novembre.

Scartata l'ipotesi di utilizzare la Banca centrale europea come fonte ultima della leva finanziaria, neppure presa in considerazione l'idea francese di trasformare l'Efsf in una banca (che avrebbe ricondotto, alla fine, sempre alla Bce), l'Europa potrebbe abbandonare l'opzione del leverage per abbracciare quella dell'assicurazione. Invece di acquistare titoli sul mercato - come ha fatto la Bce - l'Efsf si limiterebbe a prestare una garanzia contro le prime perdite in cui potrebbero incorrere gli investitori. La proposta più articolata è quella avanzata dalla compagnia tedesca Allianz (che controlla Pimco, il più grande investitore mondiale in obbligazioni).

Allianz ha elaborato uno European Sovereign Insurance Mechanism che ha presentato a varie autorità europee e che per lo meno non ha finora incontrato un'opposizione dichiarata da parte della Bce e della Germania, come era accaduto a proposte precedenti. Il meccanismo sarebbe una forma di assicurazione prestata dall'Efsf contro una percentuale delle perdite: per esempio, il 40% nel caso di Grecia, Portogallo e Irlanda, il 20% per Italia e Spagna. In questo modo, secondo i calcoli di Allianz, l'effettiva capacità di intervento dell'Efsf passerebbe da 440 a 2.900 miliardi di euro, vicino alla cifra che i mercati ritengono necessaria per arginare la crisi a fronte di un coinvolgimento di Italia e Spagna. Il vantaggio del meccanismo, secondo i suoi ideatori, è che evita nuovi esborsi, oggi politicamente impossibili, da parte dei Paesi europei, Germania in particolare, e anzi, se dovesse funzionare nel far rientrare la crisi, agendo come deterrente, potrebbe addirittura presentare un costo zero.

Il piano esclude però esplicitamente l'uso delle risorse dell'Efsf per ricapitalizzare le banche, che è invece il tema sul quale Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e José Barroso avevano recentemente concentrato i maggiori sforzi. Gli interventi sulle banche verrebbero lasciati ai Governi nazionali, i quali tuttavia non hanno tutti risorse sufficienti. Inoltre, le garanzie si applicherebbero solo ai titoli di nuova emissione e non a quelli già in circolazione, circoscrivendo quindi il compito. Questo, secondo diverse fonti di mercato, è l'elemento più discutibile del piano: rischia infatti di segmentare il mercato fra vecchi titoli e nuovi titoli "credit-enhanced" dalle garanzie, con la possibilità che i primi accusino pesanti perdite. La frammentazione dei mercati è uno dei grandi tabù degli investitori in obbligazioni. D'altra parte, sostengono i fautori del piano, risolvendo il problema di liquidità si darebbe il tempo a riforme strutturali e crescita di avviare a soluzione il rischio di insolvenza. L'ulteriore obiezione è che rischi altamente correlati come quelli dei Paesi europei possono travolgere l'Efsf e le garanzie. L'Efsf finirebbe per somigliare a un monoline insurer, una categoria di istituzioni falcidiata dalla crisi finanziaria Usa.

Ma forse ha ragione il common sense della signora Merkel: per questa crisi non ci sono soluzioni magiche. Neanche con l'ingegneria finanziaria della tedesca Allianz.

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