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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 06:43.
UniCredit «è molto sorpresa per questa iniziativa che non cambia la convinzione della banca circa la correttezza del proprio operato e di quello dei propri dipendenti».
Con questa posizione, diffusa subito dopo l'annuncio del sequestro preventivo di 245 milioni disposto da parte del Tribunale di Milano nell'ambito del caso Brontos, la banca di piazza Cordusio ribadisce la totale correttezza delle operazioni effettuate dall'istituto e contestate dalla Procura.
Già nella semestrale si dava conto dei rischi legati all'operazione finita nel mirino del Palazzo di Giustizia: «Dai processi verbali – si legge nel documento – emerge un debito d'imposta complessivo di 444,6 milioni di euro, di cui 269 milioni relativi all'operazione Brontos e 175,6 milioni concernenti le altre operazioni di finanza strutturata effettuate dal 2006 al 2008». In proposito – prosegue la semestrale – «in relazione all'operazione denominata Brontos non si è ritenuto opportuno effettuare alcun accantonamento valutando, al momento, il rischio solo possibile sulla base delle informazioni a disposizione». Dopo la decisione del Tribunale, si aspettano ora le mosse della banca di piazza Cordusio.
La tegola Brontos è arrivata, peraltro, nel giorno del consiglio di amministrazione di piazza Cordusio. Un board ordinario nel corso del quale sono stati affrontati temi amministrativi e gestionali. Non si è invece parlato del piano e neanche di un eventuale aumento o rafforzamento del capitale, ha detto un consigliere di piazza Cordusio al termine del board e la banca, in una nota, ha confermato che «il piano strategico non era fra i punti all'ordine del giorno dell'odierna riunione consiliare».
Secondo quanto emerso al margine del consiglio, inoltre, tra le Fondazioni socie di UniCredit ci sarebbe già un accordo di massima per confermare gli attuali vertici, rappresentati dall'amministratore delegato Federico Ghizzoni e dal presidente Dieter Rampl, ma l'effettiva riconferma dipende anche da eventuali mutamenti nell'azionariato, soprattutto in vista del possibile aumento di capitale su cui da tempo il mercato scommette.
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