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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2011 alle ore 07:52.

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Una giornata, quella di ieri, divisa in due. Una prima parte, al di là del caso francese, nervosa ma tutto sommato in linea con le precedenti sedute. Poi, un secondo tempo dove l'ondata di vendite ha colpito con forza i titoli di stato, in particolare quelli dei paesi periferici di Eurolandia. Compreso il BTp decennale che ha visto lo spread con il Bund balzare poco oltre 400 punti base.

Ma andiamo con ordine. In mattinata, l'attenzione degli operatori era focalizzata su due importanti aste: quella dei governativi francesi e, a seguire, il collocamento dei titoli di stato spagnoli. In quel di Parigi, la vendita dei bond governativi ha contribuito a far crescere lo stress del mercato. Lo spread dell'Oat transalpino sul Bund è balzato a 119 punti base, cioè il valore più alto dal lontano 1992. In questo contesto il Tesoro francese ha collocato titoli per 4,2 miliardi, su scadenze a 2 e 5 anni, con rendimenti in rialzo: il saggio sul biennale è salito all'1,31% contro l'1,08 precedente; quello sui cinque anni è cresciuto al 2,31% (era all'1,8 per cento).

Gli animi però, successivamente, sono andati un po' rasserenandosi. Fors'anche aiutati dalle notizie arrivate da Madrid. L'asta spagnola (3,91 miliardi di euro in bond a 6, 8 e 10 anni) ha visto sì scendere la domanda che si è fermata a 1,76 volte l'importo offerto. Tuttavia, i rendimenti non sono saliti su tutte le scadenze. In particolare, l'interesse sul decennale è stato del 5,43%, cioè in ribasso dal 5,89% dell'asta precedente. Un risultato, in uno scenario difficile, da non buttare via. Tanto che gli investitori hanno allentato la pressione sulle vendite e gli spread con il governativo tedesco, anche grazie allo shopping della Bce, si sono chiusi: quello della Spagna è passato da 346 a 336 punti base mentre l'Italia è scesa al di sotto dei 382 basis points.

La «delusione» sull'Efsf
Fin qui, la prima parte. Il primo tempo della partita sul fronte dei debiti sovrani europei. A metà giornata, però, la situazione è cambiata. Il vento ha iniziato a girare. A partire da mezzogiorno, con precisione quasi chirurgica, il differenziale tra il «granitico» Bund e più deboli bond decennali francesi, spagnoli e italiani è andato allargandosi. Senza soluzione di continutà. Contestualmente, poi, sono iniziate le vendite sull'euro che è montaneamente scivolato rispetto al dollaro. E, a cascata, le Borse europee hanno iniziato ad accelerare verso il basso. Cosa era successo per determinare un simile scenario? L'enzima catalizzatore della «reazione» finanziaria, secondo molti operatori, può identificarsi in un soggetto ben preciso: il futuro nuovo fondo salva-Stati. Cioè, in quella parte della seduta il mercato ha fatto sua la convinzione che l'Efsf, in discussione nel vertice Ue di fine settimana, non dovrebbe prevedere né la «leva» né l'ipotesi di «bad bank». Vale a dire, i temi principali su cui gli operatori avevano speculato, e sperato, negli ultimi giorni.

A ben vedere, le anticipazioni sui documenti preparatori per il summit circolavano già da inizio mattina. Tuttavia, le conferme ufficiali sono arrivate proprio da mezzogiorno in poi. La conseguenza? Il mercato, intimorito anche dai rumors nel pomeriggio di uno slittamento del vertice, si è allontanato dal rischio (è stato «risk off»), tornando sui classici beni rifugio: in particolare l' «immarcescibile» Bund tedesco. Giocoforza, le quotazioni degli altri titoli di stato europei sono scese: il BTp a 10 anni, per esempio, ha raggiunto il rendimento del 6 per cento. Uno yield, indubbiamente, non da poco. L'attesa adesso, in Italia, è per la prossima settimana quando sono previsti importanti nuovi collocamenti del Tesoro.

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