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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 18:54.

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Sul fondo salva-Stati progressi lentiSul fondo salva-Stati progressi lenti

BRUXELLES – A piccoli passi i paesi della zona euro si stanno avvicinando a un sofferto accordo su un pacchetto di misure per salvare la zona euro e risolvere lo sconquasso debitorio. L'obiettivo è di trovare un'intesa entro il consiglio europeo fissato per mercoledì. Il confronto tra Francia e Germania è accesissimo, nonostante le cortesie di rito. L'aspetto probabilmente più controverso è il potenziamento del fondo di stabilità Efsf.

Sono due almeno le opzioni sul tavolo. La prima prevede la trasformazione del fondo in assicuratore, incitando gli obbligazionisti ad acquistare titoli di debito pubblico sul mercato primario nella zona euro sapendo che una parte del valore è comunque garantito. La seconda invece consiste nella nascita di un veicolo speciale, dotato di denaro pubblico e privato, con il compito di acquistare obbligazioni sul mercato secondario.

Nei due casi il tentativo è di rafforzare l'Efsf, che con i suoi attuali 440 miliardi di euro non ha una dotazione sufficiente per aiutare la Grecia e altri paesi in difficoltà. I francesi vorrebbero trasformarlo in banca, dandogli accesso alla Banca centrale europea, ma i tedeschi sono perentori su questo aspetto. Temono una violazione dei trattati e in ultima analisi una monetizzazione del debito.
La Francia non ha abbandonato l'idea del tutto, ma ha capito che l'urgenza del momento richiede una soluzione meno ambiziosa. La speranza francese è che la Bce possa comunque impegnarsi nell'acquisto di titoli obbligazionari sul mercato. Per ora l'attuale presidente Jean-Claude Trichet si è rifiutato. L'augurio è che il nuovo presidente Mario Draghi abbia una posizione in qualche modo più accomodante.

Le due opzioni relative all'Efsf non si autoescludono. Potrebbero in realtà convivere. Quella che prevede la nascita di un veicolo speciale si fonda sulla possibilità che il denaro provenga anche dai paesi emergenti. Alcuni paesi sono freddi all'idea che la Cina venga in aiuto all'Europa in modo così plateale. Oltre che sul fondo, i 17 devono accordarsi sulla ricapitalizzazione delle banche e sulla ristrutturazione del debito greco.
Sul fronte bancario, l'accordo c'è. Potrà essere però formalizzato solo quando l'intero pacchetto verrà messo a punto. Infatti nel testo delle conclusioni si legge: " Il consiglio europeo accoglie con favore i progressi fatti sulla questione bancaria (…) Queste misure saranno una componente essenziale di un pacchetto più ampio che verrà messo a punto nel vertice della zona euro del 26 ottobre".
Questa frase è stata voluta in particolare da italiani, spagnoli e portoghesi, convinti che un core tier one troppo alto (al 9%), se non è compensato da altre misure che offrano ai mercati un pacchetto globale, avrebbe messo in difficoltà sia gli istituti di credito che gli eventuali governi chiamati a ricapitalizzare gli istituti di credito. L'operazione comunque dovrebbe costare intorno ai 100 miliardi di euro.
Per quanto riguarda direttamente la Grecia, si discute sempre animatamente. L'accordo del 21 luglio, con il quale la zona euro ha messo a punto un secondo piano di aiuti al paese mediterraneo, prevedeva una decurtazione del debito in possesso delle banche del 21%. Oggi si discute di portarlo come minimo al 50%. Le trattative si stanno svolgendo in queste ore, in vista sempre del consiglio europeo di mercoledì.
L'obiettivo è di trovare una "soluzione globale" alla crisi debitoria entro 72 ore, ha detto il presidente della Commissione, José Manuel Barroso. Le trattative sono estenuanti, e non solo perché tecnicamente complesse. Il rapporto tra Francia e Germania è a fior di pelle per il semplice fatto che ormai la crisi sta sfiorando anche la Francia, modificando alla radice le priorità nazionali e gli equilibri franco-tedeschi.
Per i tedeschi la partita è delicatissima: sono consapevoli che in gioco è il destino della zona euro, ma possono affermare di essere al riparo dalle tensioni finanziarie. Ma per i francesi la situazione è molto più grave. Sanno perfettamente che dietro al caso Italia si nasconde il caso Francia, che i prossimi a subire la furia dei mercati potrebbero essere loro. In gioco ormai non è la periferia della zona euro, ma il suo cuore.

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