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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 08:06.

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Sarà veramente necessario un colpo di reni dell'ultimo minuto per evitare che il Consiglio europeo di oggi si riveli l'ennesima pericolosa delusione. Le trattative sui tre nodi in discussione ormai da giorni non hanno mostrato soltanto evidenti difficoltà tecniche, ma anche forti divisioni nazionali, mentre incombe la crisi italiana.

I negoziati sono stati influenzati dalle esigenze contrastanti della Francia e della Germania. Parigi è alle prese con la temibile esposizione delle sue banche all'Europa mediterranea in piena crisi finanziaria, mentre la Germania (più solida) deve fare i conti con un Parlamento che stamani darà mandato al cancelliere Angela Merkel per l'ultima trattativa.
Il risultato è che la maratona di vertici europei ha avuto tre tappe in meno di una settimana per permettere il voto preventivo del Bundestag. «I nostri governanti devono fare avanti e indietro con Bruxelles come pacchi postali», nota polemico un negoziatore europeo. Insomma, i timori francesi non corrispondono alle preoccupazioni tedesche.

L'improvvisa cancellazione dell'Ecofin previsto per oggi ha indotto molti osservatori a dirsi pessimisti sull'esito del vertice di questa sera. I mercati sperano in qualche indicazione relativa al nuovo ammontare del fondo di stabilità europeo a cui si chiederà di salvare i paesi in difficoltà. Il rischio di una delusione è dietro l'angolo.

L'Efsf dovrebbe essere rafforzato con due modifiche: da un lato diventerà un assicuratore delle emissioni obbligazionarie future, dall'altro sarà dotato di un veicolo esterno che con denaro pubblico e privato acquisterà titoli sul mercato. Difficile quindi, in queste circostanze, dare cifre sul nuovo ammontare del fondo suorpo salva-Stati.

Oltre a difficoltà obiettive, il negoziato è complicato dal fatto che alle tensioni nazionali contribuisce una trattativa che riguarda tre nodi, intrecciati l'uno all'altro. L'obiettivo dei governi è di avere un pacchetto globale che preveda oltre al rafforzamento dell'Efsf, anche la ricapitalizzazione delle banche e la ristrutturazione del debito greco.
In questo senso, la posizione dei socialdemocratici olandesi, che appoggiano dall'esterno il governo Rutte, è esemplificativa. Hanno minacciato di opporsi alle decisioni europee se la decurtazione del debito greco in mano alle banche non sarà «almeno del 50%», se non verrà associata a un «convincente ed efficace» potenziamento del fondo europeo salva-Stati e soprattutto a un rafforzamento delle regole anti-deficit.

Altrimenti, ha detto il leader socialdemocratico Ronald Plasterk, il premier italiano Silvio Berlusconi «potrà rilassarsi e dire, bene: a questo punto non abbiamo bisogno di austerità. Possiamo affidarci all'Efsf». Commenta la Royal Bank of Scotland: «Il rischio di un fallimento del coordinamento tra la politica italiana e la risposta europea non è insignificante»

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