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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2011 alle ore 08:48.
L'ultima modifica è del 27 ottobre 2011 alle ore 09:02.

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Welcome, Italia. L'Europa ha accolto favorevolmente ieri la lettera con la quale il Governo Berlusconi si è impegnato ad adottare un'impegnativa lista di misure strutturali per la crescita e per il pareggio di bilancio nel 2013, scadenzata da un «calendario» di date, in mesi ed anni, esattamente come richiesto da Bruxelles. Per conquistare lo stesso "welcome" dei mercati, però, come ha sollecitato il governatore uscente della Banca d'Italia Mario Draghi, l'Esecutivo dovrà agire in fretta, passare alla svelta dalle parole ai fatti.

Perché sui mercati le buone intenzioni, gli intenti, i progetti, le tabelle di marcia, le promesse hanno un peso molto relativo e cioè pesano poco o nulla nelle valutazioni che di questi tempi portano gli investitori a sottoscrivere un titolo di Stato in asta oppure a detenere i bond governativi periferici in portafoglio.

Già domani, quanto il Tesoro emetterà i BTp a tre anni tra 2,25 e 3,25 miliardi e i BTp a dieci anni tra 2 e 3 miliardi, il mercato rifarà i suoi calcoli, l'analisi nuda e cruda dell'appetibilità del rischio-Italia dopo gli eventi di ieri: gli investitori si domanderanno quale è il premio a rischio dell'Italia all'indomani del doppio vertice dei capi di Stato e di Governo dei 27 e dei 17 e degli impegni assunti per lettera, non per decreto legge, dal Governo Berlusconi.

Stimerà qual è il rendimento che adeguatamente remunera il rischio di un BTp. L'esito di questo riesame sarà riflesso dal tasso di assegnazione in asta domani: se il decennale dovesse superare la soglia psicologica del 6% o anche rimanere in quell'orbita, se il triennale dovesse varcare la barriera del 5% o anche soltanto avvicinarvisi, nonostante il sostegno degli acquisti Bce sul secondario, allora vorrà dire che tanto la missiva italiana quanto lo statement europeo saranno risultati poco convincenti, tante belle parole, pochi fatti concreti.

Attrarre capitali vecchi e nuovi, provenienti dal risparmio degli italiani e dalla liquidità degli stranieri, resta uno snodo fondamentale per garantire il rifinanziamento del debito pubblico italiano composto da 1.570 miliardi di titoli in circolazione.

Il rimborso dei vecchi BTp, BoT, CTz e CcT in scadenza va assicurato con il collocamento delle nuove emissioni in asta: al 30 settembre scorso risultava che nel 2012 scadranno 290 miliardi circa di titoli di Stato italiani a breve, media, lunga e lunghissima durata. Altrettanti ne saranno emessi, con l'aggiunta del finanziamento del deficit.

Gli acquisti dei BTp sul mercato secondario da parte della Bce e quelli del fondo salva-Stati o dell'spv in prospettiva su primario e secondario, abbinati al ricorso a garanzie con rating "AAA" applicate a una prima percentuale di perdite potenziali sui titoli di Stato, sono interventi temporanei, utilissimi e irrinunciabili per tamponare l'emergenza, sicuramente "welcome" ma non possono sostituirsi all'andamento regolare delle aste, al corretto funzionamento del mercato.

Così da oggi, scritta la missiva e sottoscritto il comunicato del Consiglio europeo, il Governo italiano dovrà mettersi al lavoro con la stessa tempestività dei mercati, che hanno un altro calendario che ne scandisce i tempi: quello delle aste dei titoli di Stato.

Il ritornello è sempre lo stesso: la politica ha i tempi lunghi della democrazia, i mercati hanno la visione dello short termism, incalzati dalla speculazione e dal profitto mordi e fuggi.
Ma è un alibi. I veri tempi restano quelli delle aste, stabiliti dal debito pubblico non dai mercati.

Ogni mese il Tesoro ha almeno una decina di aste, dai BoT flessibili (tornati in auge negli ultimi tempi anche se non emessi ieri), i BoT a tre, sei e dodici mesi, i CTz a due anni, i CcT indicizzati all'Euribor e poi ancora i BTp a tre, cinque, dieci, a volte anche 15 e 30 anni e persino i BTp indicizzati all'inflazione (come quelli in emissione oggi tra i 500 e i 750 milioni). Senza parlare delle aste in tutta Eurolandia, che solo sul medio-lungo termine potrebbero riservare l'anno prossimo titoli in offerta per circa 800 miliardi.

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