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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2011 alle ore 22:25.
CANNES - «Un G-20 di crisi, l'ennesimo. Ma almeno abbiamo dimostrato che è possibile agire. Insieme. Questo è importante, questo è il messaggio». Nicolas Sarkozy ha chiuso così la conferenza stampa finale del vertice che ha concluso l'anno di presidenza francese. Iniziato con ben altri obiettivi, ben altre ambizioni.
Avrebbe dovuto essere un summit trionfale, destinato a promuovere l'immagine di un presidente grande leader globale, in grado di risolvere la crisi dell'Eurozona, riformare il sistema monetario internazionale, cambiare il sistema di governance mondiale, varare finanziamenti innovativi per l'aiuto allo sviluppo. Con positive ricadute anche sul mercato politico interno in vista delle presidenziali della prossima primavera. Se infatti i francesi voteranno certo guardando ai fatti di casa loro, una simile pubblicità non avrebbe guastato.
L'aggravarsi della crisi, il rallentamento della crescita, il caso della Grecia e quello, più grave e clamoroso, dell'Italia hanno completamente modificato lo scenario. E i risultati, non certo entusiasmanti, di questo G-20 sono figli anche di un'agenda stravolta.
Il passo avanti più concreto riguarda l'aumento delle risorse del Fondo monetario internazionale. «Siamo disposti - dice il comunicato finale - a fare in modo che risorse supplementari possano essere disponibili in tempi rapidi». Ma sulle modalità di questo aumento ci sono tre opzioni e la decisione finale è rinviata alla prossima riunione dei ministri finanziari dei venti grandi, in calendario per metà febbraio. Dovranno scegliere tra un incremento dei contributi bilaterali, un'emissione di Dsp (i diritti speciali di prelievo dell'Fmi) oppure la creazione di una struttura speciale - per esempio un conto amministrato, «una sorta di trust fund», ha spiegato il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy - aperto a contribuzioni volontarie per «consentire il finanziamento di accordi finanziari regionali». Cioè partecipare, tra l'altro, alle operazioni decise dall'Efsf.
Qualcosa di simile all'Spv, lo special purpose vehicle dell'Fmi di cui non si è più parlato ma di cui ovviamente si continua ad aver bisogno.
Tanto più che «per ora praticamente nessun Paese del G-20 ha dichiarato di voler partecipare all'Efsf», come ha detto chiaramente il cancelliere tedesco Angela Merkel dopo i fiumi di parole versate sulle disponibilità degli emergenti. I quali sembrano intenzionati ad aprire i cordoni della borsa solo se i quattrini passeranno dal Fondo monetario.
Via libera anche alla proposta dell'Fmi di creare «una nuova linea di credito precauzionale per garantire liquidità a breve in quantità più abbondante e secondo modalità più semplici ai Paesi che applicano politiche rigorose e hanno fondamentali solidi ma sono vittima di shock esogeni».
Qualcosa sembra muoversi pure sul fronte cinese. Il comunicato prevede infatti che «i Paesi con surplus correnti importanti si impegnano ad adottare riforme destinate ad accrescere la domanda interna e a garantire una maggiore flessibilità dei tassi di cambio».
«Ci impegniamo - prosegue il documento finale - a orientarci più rapidamente verso regimi di cambi più legati al mercato, ad accrescere la flessibilità dei tassi di cambio in modo tale che riflettano i fondamentali economici e a evitare il disallineamento persistente dei tassi di cambio». Tutte allusioni evidenti a Pechino, commentate molto positivamente dal presidente americano Barack Obama.
A questi risultati Sarkozy ne aggiunge altri due: la lotta ai paradisi fiscali e la Tobin tax: «Tre anni fa a Londra abbiamo quasi litigato sulla redazione di una lista dei paradisi fiscali. Fatto sta che erano decine e ora ne sono rimasti undici, tra cui la Svizzera e il Lichtenstein. Anche questi undici sappiano che se non rispettano le regole saranno messi al bando della comunità internazionale».
Quanto alla tassazione delle transizioni finanziarie, che effettivamente viene riconosciuta nel comunicato come una delle strade per trovare fondi da destinare agli aiuti allo sviluppo, il presidente francese si è detto ottimista su una sua applicazione almeno in Europa entro il 2012.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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