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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2011 alle ore 08:11.

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C'è una guerra di cifre che va avanti da tempo sulle ripercussioni per le banche, e per l'economia reale, della somma di regole già imposte, o in via di applicazione, da parte delle autorità in seguito alla crisi finanziaria globale.
L'Institute of International Finance, la lobby delle banche che riunisce oltre 400 delle maggiori istituzioni globali, ha sostenuto due mesi fa che tutti gli oneri imposti al sistema dalle nuove regole finiranno per far lievitare il costo della raccolta, e quindi il costo del denaro, e alla fine possono produrre un credit crunch. Il risultato sarà un'impennata dei tassi d'interesse del 3,5% nei prossimi cinque anni e un taglio alla crescita nei grandi Paesi industriali del 3,2% da qui al 2015. Le banche temono di dover raccogliere nuovi capitali per 1.300 miliardi di dollari, di cui un terzo a carico di quelle dell'area euro. A queste è stata chiesta ora un'ulteriore ricapitalizzazione per far fronte alle possibili perdite derivanti dalla crisi del debito sovrano. Prontamente, l'Iif ha stimato che ciò produrrà una contrazione del credito del 5 per cento.

Nient'affatto, sostengono le autorità. Gli studi dell'impatto macroeconomico delle nuove regole per la finanza condotti dall'Ocse e dalla Banca dei regolamenti internazionali rivelano effetti molto più limitati sulla crescita (un ottavo circa della stima dell'Iif). «Abbiamo sempre creduto - ha detto ieri il presidente uscente dell'Fsb, Mario Draghi - che maggiori capitali rafforzino il sistema bancario e riducano i rischi. Gli studi di impatto non mostrano un effetto pesante».

Uno dei problemi con la valutazione delle autorità è che i mercati finanziari, una volta indicati gli obiettivi, seppure graduali e lontani, dei requisiti di capitale più alti in base a Basilea 3, hanno imposto l'avvicinamento dell'attuazione, comprimendone a fisarmonica i tempi e quindi aggravandone l'onere. C'è la possibilità che facciano lo stesso per le banche di rilevanza sistemica globale.

Certamente, le banche non saranno entusiaste dell'altro annuncio uscito ieri da Cannes, e cioè che il nuovo capo dell'Fsb sarà il governatore della Banca del Canada, Mark Carney. Il quale a settembre a Washington si è presentato all'assemblea dell'Iif e ha apostrofato i presenti con parole durissime, inchiodando le banche alle loro responsabilità e sostenendo che devono scordarsi il «business as usual», di continuare a fare i propri affari come se niente fosse. Al suo fianco ci sarà Philipp Hildebrand, che alle grandi banche svizzere ha imposto requisiti ancor più restrittivi di quelli annunciati ieri. Carney viene da Goldman Sachs, Hildebrand da un hedge fund. «Bracconieri diventati guardacaccia», secondo un detto inglese. Evidentemente, sanno con chi hanno a che fare.

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