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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2011 alle ore 06:42.
Valutazioni sull'aumento di capitale, misure volte a compensare il mancato dividendo e qualche malumore sulle maxi svalutazioni segnate nel trimestre, eredità della vecchia gestione. All'indomani della presentazione del piano industriale e della ricapitalizzazione di 7,5 miliardi di UniCredit, i grandi soci italiani di piazza Cordusio fanno i conti con le due decisioni chiave prese dall'istituto: niente cedola e maxi aumento di capitale. Tra le fondazioni più piccole di piazza Cordusio qualche voce si è già alzata: Fondazione Cassamarca (0,7%) ha comunicato ieri lo stop ad ogni ulteriore erogazione fino a quando Unicredit non tornerà a distribuire i dividendi. Il consiglio di indirizzo e il cda dell'Ente trevigiano hanno stabilito di «non procedere ad alcuna ulteriore erogazione» confermando solo gli impegni per l'Università di Treviso e i Teatri, insieme ad altre misure di austerity. Per quanto riguarda l'adesione alla ricapitalizzazione, la Fondazione si è limitata a sottolineare di «studiare l'ammontare della partecipazione» all'aumento. Anche la Fondazione Manodori (0,7%) e la Fondazione CrTrieste (0,7%) non avrebbero ancora valutato in modo approfondito l'adesione ma si apprestano a farlo già in settimana (per la Manodori un primo esame è atteso domani con il cda), così come sono in corso valutazioni dalla Fondazione Banco di sicilia (0,6%) che dovrebbe comunque garantire il proprio appoggio. Sottoscrizione forse parziale anche per alcuni azionisti privati (da Maramotti a Pesenti). La FondiariaSai dei Ligresti non parteciperà. Pesenti (0,52%) starebbe ancora valutando la sottoscrizione dell'aumento, ma già nell'ultima operazione la scelta era stata quella di una adesione parziale e conseguente diluizione.
Tra le Fondazioni più grandi ci sarebbero, invece, maggiori certezze. L'amministratore delegato Federico Ghizzoni può contare sull'appoggio di Fondazione Crt, Cariverona e Carimonte che insieme detengono il 10% circa. Per la Crt ci sarebbe l'impegno a sottoscrivere la propria quota parte del 4,1% (3,3% del capitale più 0,8% di obbligazioni convertibili cashes) per circa 300 milioni, ma anche salire fino a 350 milioni. Per la Fondazione Cariverona, attualmente al 4,2% di UniCredit, la decisione formale sarà comunicata mercoledì 23 novembre, quando é in calendario una riunione del consiglio di amministrazione. Secondo indiscrezioni, però, la volontà di CariVerona, il cui impegno sarebbe nell'ordine di 315 milioni, sarebbe quella di mantenere l'attuale posizione sottoscrivendo pro-quota l'aumento. Orientamento, peraltro, confermato dalle recenti dichiarazioni del sindaco di Verona Flavio Tosi che nel ruolo di grande elettore della Fondazione Cariverona ha sottolineato che ci sono «due validi motivi per sottoscrivere questo ulteriore sforzo»: il primo è «tagliare il prezzo di carico»; il secondo è che «le nostre banche potrebbero essere a rischio scalata».
Ma se l'adesione e il sostegno di Fondazione Cariverona e Crt è quasi certo, non mancano tuttavia malumori all'interno dei due enti per i conti trimestrali della banca, eredità della gestione di Alessandro Profumo, artefice delle campagna di acquisizioni che sono all'origine della perdita di oltre 10 miliardi di euro. Per ora si tratta di riflessioni informali tra consiglieri. Ma all'interno della Fondazione Cariverona, secondo quanto riferito dall'Ansa, sta prendendo piede, da parte di diversi componenti dell'ente, l'idea di studiare se ci siano gli estremi per proporre un'azione di responsabilità nei confronti di Profumo. Quanto alla posizione di Fondazione Crt, proprio ieri il presidente Andrea Comba ha chiarito: «Mai sentito parlare di un'azione di responsabilità contro Alessandro Profumo». L'ex amministratore delegato di Unicredit, ad ogni modo, come riferito da Radiocor-IlSole 24 Ore, ha una clausola di manleva per gli atti compiuti durante la sua gestione della banca.
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