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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 14:38.

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Dopo avere tentato per mesi di dare una risposta finanziaria alla crisi del debito, l'Unione sta ora cercando di mettere a punto una riforma istituzionale che convinca i mercati della solidità della zona euro. A tre settimane dal prossimo vertice europeo, previsto per il 9 dicembre, Governi nazionali e autorità comunitarie stanno mettendo sul tavolo le varie opzioni sulle quali sperare di trovare un primo accordo.

La prossima settimana non sarà dedicata solo ai primi incontri del nuovo premier italiano Mario Monti a Bruxelles e poi a Strasburgo, dove vedrà il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy. La Commissione europea presenterà anche una serie di misure: due regolamenti con i quali rafforzare la sorveglianza dei bilanci nazionali e poi un libro verde dedicato agli eurobonds.
I primi due sono stati anticipati questa settimana dal presidente José Manuel Barroso al Parlamento europeo (si veda Il Sole 24 Ore di giovedì). Sul fronte delle obbligazioni europee, l'esecutivo comunitario ha preparato in vista di mercoledì un rapporto nel quale presenta le varie opzioni. Molti sostengono da tempo che la mutualizzazione dei debiti potrebbe essere una risposta efficace alla crisi.

In una bozza del suo rapporto, circolata in questi giorni a Bruxelles, la Commissione preferisce parlare di «stability bonds», obbligazioni per la stabilità, «strumenti dedicati al finanziamento quotidiano dei Governi della zona euro attraverso emissioni congiunte». Queste obbligazioni sarebbero quindi diverse da altri titoli europei emessi da istituzioni comunitarie o da veicoli finanziari nati per il salvataggio dei Paesi oggi in difficoltà.
L'emissione stessa potrebbe avvenire attraverso un'agenzia del debito, come proposto a suo tempo da Lorenzo Bini Smaghi, il membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, oppure dai singoli Paesi. In ogni caso, la mutualizzazione dei debiti, perché di questo si tratterebbe, dovrebbe essere accompagnata da un rafforzamento del controllo reciproco sui conti pubblici nazionali. La Commissione vede tre opzioni.

La prima prevede obbligazioni europee che sostituirebbero completamente i debiti nazionali, con garanzie congiunte. La seconda si basa su una sostituzione parziale dei debiti nazionali (ai bonds nazionali si aggiungerebbero bonds europei, sempre con garanzie congiunte). La terza è simile alla seconda, ma si fonderebbe su garanzie non congiunte (i Paesi sarebbero responsabili pro quota degli stessi eurobonds).
Le autorità comunitarie sottolineano la necessità oltre che di rafforzare la vigilanza sui bilanci nazionali - un processo che è ormai ben avviato grazie alla recente riforma del Patto di stabilità - anche di evitare l'azzardo morale, la situazione nel quale uno Stato membro non esita ad avere una politica economica dispendiosa proprio perché può approfittare della solvibilità dei suoi partner.

In questo senso, sarebbe necessario rendere «pienamente credibile la norma che vieta il salvataggio nazionale». Peraltro, l'uso o meno degli eurobonds potrebbe essere condizionato a precise scelte di politica economica. La Commissione ritiene che le prime due versioni richiedano modifiche dei Trattati e un lungo periodo di preparazione. Il terzo tipo di eurobonds sarebbe invece «fattibile senza grandi cambiamenti ai Trattati».
Finora l'idea di mutualizzare i debiti è stata rifiutata dalla Germania che teme di pagare per i suoi vicini; nello stesso modo il Governo tedesco si oppone alla possibilità che la Banca centrale europea diventi prestatore di ultima istanza. Gli ultimi segnali fanno pensare che i tedeschi potrebbero cambiare idea in cambio di un controllo dei bilanci nazionali e di una trasferimento delle sovranità nazionali dalla periferia al centro.

Proprio Monti, dalle colonne del Financial Times in luglio, si era detto favorevole agli eurobonds, uno strumento ritenuto utile sia da un punto di vista economico che soprattutto istituzionale perché darebbero nuovo slancio politico all'Unione. Due giorni fa a Roma ha spiegato che vuole parlarne con i suoi partner europei in modo «franco e approfondito» prima di prendere una posizione da primo ministro.

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