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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2011 alle ore 06:42.

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Le importazioni italiane di carbone si avviano a concludere il 2011 in aumento del 7%, un tasso che lascia presumere un'accelerazione dei consumi superiore alla media mondiale (le previsioni ufficiali indicano al momento un +5%, contro il +10% del 2010). La stima è di Assocarboni.
La crescita dell'import nel nostro Paese è tutta da attribuire all'industria siderurgica: gli acquisti di carbone termico sono infatti attesi stabili (a 17 milioni di tonn), mentre quelli di carbone metallurgico e polverino, già in forte crescita l'anno scorso, dovrebbero salire di un ulteriore 37% (a 7 milioni di tonn). Un aumento che appare legato al livello di attività – ancora molto elevato, nonostante la crisi – delle nostre acciaierie: statistiche diffuse proprio ieri da Federacciai indicano che in ottobre la produzione è salita del 9,6% a 2,7 milioni di tonn, mente per i primi 10 mesi dell'anno, in buona parte grazie all'export, siamo a 24,036 milioni di tonn (11%).
Il ristagno dei consumi di carbone termico non è comunque destinato a protrarsi, secondo Assocarboni. In Italia sono infatti previsti oltre 5,5 miliardi di investimenti per la conversione o la costruzione di nuove centrali a carbone, di cui l'associazione evidenzia l'alta efficienza (ben il 46%, contro una media globale del 28%, il che implica un relativo contenimento delle emissioni di Co2). «Dopo il no all'energia nucleare e con le rinnovabili che nel 2012 peseranno per 6 miliardi sulle tasche dei contribuenti – afferma Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni – l'Italia dovrebbe aumentare l'uso del carbone».
Analoghe considerazioni valgono anche a livello mondiale, secondo Clavarino: dopo il disastro alla centrale atomica di Fukushima è probabile che il carbone riceva un forte impulso e l'Agenzia internazionale per l'energia, che ha decretato l'avvio dell'età d'oro del gas, rischia di sottostimarne la portata. Già in passato, del resto, l'Aie aveva compiuto errori di valutazione madornali. «L'ultimo decennio si è concluso con una domanda superiore del 23% rispetto al livello che l'Aie aveva previsto per il 2010. Per la produzione di energia elettrica il consumo di carbone è cresciuto in media del 4,4%: più di petrolio, gas, nucleare e rinnovabili messi insieme. Se ora il nucleare rallenta e la crisi costringe a ridurre il sostegno alle rinnovabili...»
Nell'ultimo World Energy Outlook, pubblicato il 9 novembre, l'agenzia Ocse indica, nello scenario centrale, che la domanda di carbone arriverà a 5.850 milioni di tonn. entro il 2035 (+25%), crescendo fino al 2020 e poi stabilizzandosi. L'Aie tuttavia è ben conscia dell'aleatorietà delle sue previsioni: le variabili in campo – dal ricorso più o meno ampio al nucleare, alla possibilità che la Cina torni ad esportare – sono così macroscopiche e imponderabili, da indurla a suggerire due possibilità alternative, con livelli di domanda a distanze siderali. Politiche virtuose per la riduzione della Co2 potrebbero ridurre di un terzo la domanda di carbone nel 2035 rispetto al 2009, a 3.340 milioni di tonn. Si salirebbe invece a più del doppio (7.740 milioni di tonn) se il progresso in questa direzione si arrestasse.
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