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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2011 alle ore 13:31.

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È sufficiente guardare solo alla cedola?
Le azioni, spesso, staccano il dividendo. Cioè, offrono parte dell'utile all'azionista. Il valore assoluto della cedola però, rispetto all'investimento, non dice tutto. Quando si compra il titolo, infatti, è importante capire, in rapporto al denaro investito (il prezzo dell'azione), anche quanto frutta l'investimento stesso. È fondamentale, cioè, passare al concetto di rendimento. Ebbene, il rendimento è il reddito prodotto da un investimento espresso in percentuale del capitale investito. Per esempio, il rendimento immediato di un dividendo di 1 euro su un titolo che vale 9 è l'11,1 per cento. Cioè: 1/9 x 100 = 11,1 per cento. Spesso si parla anche di dividend yield. In quest'ultimo caso, per convenzione, si tratta del rapporto tra la cedola dell'ultimo esercizio sull'ultimo prezzo dell'azione, moltiplicata per 100..
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Come scegliere le società che offrono il dividendo?Gli aspetti da analizzare sono diversi. Certo, il valore assoluto della cedola è importante. Tuttavia, altri elementi non vanno scordati. In primis, secondo uno studio di BlackRock, il modello di business aziendale dev'essere sostenibile: importante, per esempio, è valutare il flusso di cassa finalizzato a pagare i dividendi. Inoltre, la posizione finanziaria della società deve essere solida. In tal senso, tra i diversi aspetti, il rapporto tra il debito e l'Ebitda (cioè i ricavi meno le spese operative) non deve superare il valore di 3. Infine, va analizzata adeguatamente la politica dei dividendi stessa: l'azienda deve garantire una storia di crescita del reddito da cedole; il rendimento deve essere superiore al mercato; bisogna poter ipotizzare, con un certo grado di certezza, l'incremento futuro del dividendo.
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Un alto dividend yield è, di per sé, l'indizio di un'opportunità per il risparmiatore?
Bisogna fare molta attenzione. Il dividend yield, infatti, è un rapporto. Come tale, a fronte di un valore elevato, può essere conseguenza di una doppia dinamica: la prima, positiva, è l'alta cedola; la seconda, più problematica, è il basso prezzo. In quest'ultimo caso bisogna capire: a) se la quotazione è schiacciata per motivi estemporanei e, quindi, offre un'opportunità d'acquisto; b) oppure se il prezzo sacrificato in Borsa è l'indizio del cattivo andamento del business. In questo secondo caso può esserci una conseguenza negativa sul pay out. Un esempio? Finmeccanica. Secondo Facset, il suo dividend yield 2011 (cioè il dividendo 2010 sull'ultimo prezzo) è del 5,39 per cento. Nell'ultimo cda, però, è stato deliberato di proporre all'assemblea l'azzeramento della cedola del 2011 (che avrebbe dovuto essere staccato nel 2012).
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Quali i settori interessanti?
La diversificazione, sia geografica sia settoriale, è essenziale per ridurre il rischio. In generale gli esperti ricordano che: in Europa, tra il 2007-2009, il comparto salute e quello dei beni di consumo di base, per esempio, sono stati caratterizzati da un dividendo per azione del 34%; al contrario, quello finanziario vanta una percentuale negativa del 62 per cento. Le stesse utility (-23%) non sono troppo amate.
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La cedola è sempre garantita?
La risposta è negativa. L'assemblea può deliberare il totale reinvestimento degli utili nell'esercizio successivo. Così, chi ha azioni ordinarie non può vantare alcun diritto al dividendo (vi sono tuttavia alcune particolari categorie di azioni che incorporano il diritto di ricevere un dividendo minimo annuo ed in alcuni casi tale diritto è anche cumulabile da un esercizio all'altro).
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