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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 09:34.

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La tradizionale rete di intrecci, finanziamenti e partecipazioni che per anni ha garantito all'Ingegnere Salvatore Ligresti il sostegno da parte del sistema bancario rischia di diventare un boomerang per le banche finanziatrici. Due in particolare: la storica Mediobanca, nel cui patto di sindacato ha un posto di rilievo la compagnia assicurativa, e la più «recente» UniCredit, che proprio alla famiglia Ligresti ha garantito svariati milioni di prestiti (Sinergia), per poi partecipare da grande protagonista al riassetto della scorsa estate del gruppo Fondiaria Sai che ne ha fatto socio di peso con il 7% circa della compagnia. Il punto - si osserva negli ambienti finanziari - è che le due banche sono legate a doppio filo al sistema Fondiaria Sai, con il risultato che anche nell'ipotesi, chiacchierata sul mercato, che si vada verso una nuova ricapitalizzazione della compagnia, il loro sostegno difficilmente verrà a mancare. Non tanto per salvare la «proprietà» della famiglia Ligresti, destinata probabilmente in tale scenario a uscire di scena, diluendosi post aumento, piuttosto per salvaguardare i propri interessi.

Punto di partenza per capire gli equilibri tra il sistema Sinergia-Fondiaria Sai e le banche, è ricostruire i rapporti alla loro base. Nel caso di Mediobanca, l'istituto è fortemente esposto nella società operativa. Piazzetta Cuccia oltre a essere parte del finanziamento in pool da circa 300 milioni a Premafin per una settantina di milioni, è creditrice soprattutto su FonSai con un prestito subordinato da oltre un miliardo, concesso nel 2003, che è un quasi-equity. Tale tipo di strumento, in pratica, a lunghissima durata, riflette cioè una quota potenziale di capitale che oggi, alla luce della capitalizzazione di Fondiaria Sai, pari ad appena 375 milioni (ma che sale a 840 milioni considerando la Milano Assicurazioni) supera il 100 per cento del capitale. In altri termini - si osserva - è come se potenzialmente quella linea valesse molto meno ai valori di mercato. Senza contare che per Mediobanca c'è un problema Antitrust poichè, in quanto primo azionista delle Generali, non potrebbe convertire il debito in capitale diventando primo socio della compagnia di Ligresti. Dovrebbe venderla immediatamente, a prezzi tutti da verificare. Come dire: il sostegno di piazzetta Cuccia, in termini di garanzia a un ipotetico aumento di capitale, è quasi certo.

Discorso simile per UniCredit. Piazza Cordusio è esposta soprattutto ai piani alti della galassia Ligresti. L'esposizione effettiva pre riassetto di Fondiaria Sai verso il sistema Ligresti ammontava a 400 milioni: circa 150 milioni a Premafin, altri 150 milioni a Sinergia e più o meno 100 milioni a Fondiaria Sai. La banca di piazza Cordusio ha però partecipato all'aumento di capitale del gruppo assicurativo investendo 170 milioni di euro per una quota che oggi ne vale appena 26 milioni. In tutto dunque fa quasi 600 milioni a fronte di una capitalizzazione di Premafin di 63 milioni e di Fondiaria Sai, appunto, di 375 milioni.

Anche qui, come per Mediobanca, vale il discorso Antitrust, tanto che proprio piazza Cordusio in passato è stata costretta a vendere un vecchio pacchetto del 3,5% raccolto nelle Generali, in quanto primo azionista di piazzetta Cuccia. Ma senza andare così indietro nel tempo, basta ricordare i paletti imposti dall'Antitrust post riassetto del gruppo Premafin-Fondiaria Sai come, tra gli altri, l'obbligo che due dei tre consiglieri espressi da UniCredit nel cda di FonSai debbano essere indipendenti e che il 'non indipendente' non possa sedere nel cda di UniCredit e ricoprire ruoli nella governance di Generali e Mediobanca. Insomma, gli «intrecci» limitano in ogni caso i margini di manovra delle due banche, anche in termini di conversione dei debiti in equity.

Non stupisce, dunque, che il dossier Fondiaria Sai sia oggetto di riflessione ai piani alti dei due istituti. E, talvolta - come riferiscono voci di mercato - anche tema di dibattito, come starebbe accadendo in Piazza Cordusio. La banca ha già svalutato, quasi in tempi record, la partecipazione del 7% circa di 40 milioni, ma i prezzi di carico, come detto, sono ancora molto alti rispetto al reale valore della quota. Tutti aspetti che sarebbero stati al centro di confronti tra l'amministratore delegato Federico Ghizzoni da un lato, e Paolo Fiorentino, chief operating officer, e Jean-Pierre Mustier, capo della divisione corporate, dall'altro.

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